Ma benchè tra di lor fembrin confufi, Se l'ingegno fi fpofa a tal chimera, Degli Aquiloni impetuofi in faccia Qual vi è tanto malvagio, in cui non fplenda O fia ftolto, o fia faggio (d), ogni Uomo agifce E e (d) La propofizione del noftro Autore è rettiffima. L'agire in vita del proprio bene è confeguenza dell'effer Uomo. Non vi è altra differenza fu ciò tra i faggi, ed i reprobi, che quefti fon fedotti da un falfo bene, a cui tendono, dove che gli altri hanno in mira unicamente il vero, e reale; che gli uni fono ftrafcinati dal la concupifcibile a foddisfare le paffioni, ed i fenfi, e gli altri trovano il loro piacere nelle azioni giuste nella virtù; che la ragione, e la legge (quella fcritta nel cuor degli Uomini dalla Natura) è fcorta ai primi nel ricercare il loro utile, ed ai fecondi ferve di guida il nudo vantaggio feparato da qualunque confiderazione al proprio dovere. S. Agostino fi fa l'obiezione = In qual forma poffa dirfi, che i Santi, nel fubire le aufterità, e fovente il Martirio, agiffero in vifta del proprio bene. Non è difficile a fcioglieri un tale obietto. Il bene eterno dell' altra vita era l'oggetto, che gli fofteneva in quei penofi riscontti, dunque agivano in vista del proprio comodo. Buon per effi, che un tale oggetto, non era punto chimerico, come lo era per la maggior par te quello di tanti fuperbi Filofofi, che reputandofi poffeditori della fapienza, e della impaffibilità (mentre fe ne trovavano infinitamente lontani ) facevano loro delizia la folitudine, le aftinenze, e gli ftenti, attirandofi per tali impofture la venerazione dei femplici, fcopo_anch' effa dei loro artifizj. Parrebbe, che fe ad ogni azione fi dà per fine il privato comodo, conveniffe anco dire non darfi al Mondo virtù morale. La ragione di quefto obietto fi è, poi. chè escluso il proprio intereffe niuno vorrebbe esser probo. La diftinzione fatta di fopra fra 'l bene onefto, ed il pravo, fra la ragione, ed il capriccio fcioglie pienamente quefta difficoltà. Con una tal diftinzione fi rifponde ancora alle cavillazioni di alcuni, che hanno pretefo sbandir dalle focietà la virtù civile, la quale altro non effer pretendono che un commercio dell' amor proprio. Non negherò, che E fenza che vi penfi, a paffi eguali Di Donna in petto una virtù fevera, E lo defta, e lo volge a degne imprefe. Di che in così definendola effi non colgan nel fegno, ma fempre fi ricade nelli principi medefimi, cioè effer quefto quell' amor proprio ragionevole, e buono, dal quale fono gli Uomini fpinti a ricercare i vantaggi permelfi, e legittimi, e ad aftenerfi dagli abufivi, che le focietà ifteffe regge, e mantiene, ed in vigore del quale ebbero le medefime cominciamento. Che importa, che la giustizia prefa in quefto fenfo altro non fia, che un timor d'ingiuftizia, fe quefto timore è l'anima della Polizia ben regolata, che fenza d'effo non potrebbe fuffiftere ? Di Quel, che tutto regge, e tutto muove, Ma fon forti, e felici uniti infieme. Piacer, che dolce a noi rende la vita; Fin Finchè noi refpiriam l'aure vitali, La propria opinione adulatrice, Sempre ingegnofa a toglierci di noja, Coi raggi fuoi le belle Nubi indora, Che ci verfano in fen dei dolci inganni; E dei fuoi gufti, e di fua fcienza pago Ciafcuno ha per fe fteffo un occhio amico. Rivolgendo volumi polverofi Di e notte, il dotto in fuo ritiro ofcuro Crede d'invidia degno il fuo deftino; E l'ignorante, che fatica aborre, Trova un vero piacer nel fuo ripofo; Il ricco lo ripon nei fuoi tefori Mirando l'avvenir queto, e tranquillo; E del Provido Nume a la paterna Cura affidato l'umile mendico Ad onta della forte ingiuriofa Nella fua povertà vive contento. Vedi il cieco danzar: forfe ei fi lagna, Che al giorno i lumi fuoi fempre fon chiufi? Vedi il zoppo cantar: forfe ei si attrista, Perchè ai paffi il fuo piè fpedito è meno? Ogni mifero è Re, fe il vin lo fcalda; Ogn' infenfato è pago di fe fteffo: Sogna il Chimico l'oro, e non fi avvede Anco allor, che cantando egli deplora Di un traftullo fi appaga, e più non brama |