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LA PROVIDENZA DIVINA.

QUAL madre i figli con pietoso affetto

Mira, e d'amor si strugge a lor davante,

E un bacia in fronte, e un si stringe al petto, Uno tien sui ginocchi, un sulle piante ;

E mentre agli atti, ai gemiti, all'aspetto

Lor voglie intende sì diverse e tante,

A questi un guardo, a quei dispensa un detto,

E, se ride o s' adira, è sempre amante:

Tal

per noi Providenza alta infinita

Veglia, e questi conforta, e a quei provede,

E tutti ascolta, e porge a tutta aita.

E se nega talor grazia e mercede, O niega sol, perchè a pregare invita, O nega finge, e nel negar concede.

FILICAJA.

IL MATTINO.

ALLORCHE il Sole (io lo rammento spesso)
D'Oriente sul balzo comparira

A risvegliar dal suo silenzio il mondo,
E a gli oggetti rendea più vivi e freschi
I color che rapiti avea la sera,

Da l'umile mio letto anch' io sorgendo,
A salutarlo m'affrettava, e fiso
Tenea l'occhio a mirar come nascoso
Di là dal colle ancora ei fea da lunge
Di gli alti gioghi biondeggiar le cime;
Poi come lenta in giù scorrea la luce
Il dosso imporpoiando e i fianchi alpestri,
E dilatata a me venia d'incontro,
Che a piedi l'attendea de la montagna.
Da l'umido suo sen la terra allora
Su la perne de l'aure mattutine
Grata innalzara di profumi un nembo:
E altero di se stesso, e sorridente
Su i benefizi suoi, l'aureo pianeta
Nel vapor, che odorosó ergeasi in alto,
Gia rinfrescando le divine chiome,

E fra il concento de gli augelli e il plauso
De la create cose egli sublime

Per l'azzurro del ciel spingea le rote.

Allor sul fresco margine d'un rivo
M'adagiana tranquillo in su l'erbetta,
Che lunga e folta mi sorgea d'intorno,
E tutto quasi mì copriva; ed ora
Supino mi giacea, fosche mirando
Pender le selve da l'opposta balza,
E fumar le colline, e tutta in faccia
Di sparsi armenti biancheggiar la rupe:
Or rivolto col fianco al ruscelletto
lo mi fermava a riguardar le nubi,
Che tremolando si vedean riflesse
Nel puro trapassar specchio de l'onda.

...

MONTI.

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