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l'architetto della nostra Chiesa, poichè in essa non vedesi alcun vestigio di confessione. La porta maggiore è ornata di varj cordoni strettamente fra essi legati, e con un semplice timpano, che ne compie la facciata. Passò questo luogo da Monaci al possesso di varj Cardinali comendatarj, e per essi soffrì variazioni rimarcabili, e nè fu distrutto l'annesso Monastero (4). Com' era sulla riva dell' Esino il Monastero di Sant' Elena ci è nota l'esistenza pur anche d'altri Cenobj i quali per la massima parte tutti presentano il medesimo stile.

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Parlerò in fine di un'altro Monastero, che non è meno interessante dei fin quì ricordati, ed è quello di Sant' Urbano, situato nel territorio d' Apiro, alla sponda del fiume Esinante. La Chiesa di Sant' Urbano lunga metri 32, e larga metri 16 è divisa in due parti, la parte superiore, a cui s' ascende per varj gradini, ha tre navate, ed un solo altare consacrato da Ugo Vescovo Camerinese a Sant' Urbano, come dall' iscrizione, che si legge nella parete esterna della Chiesa dappresso alla porta principale Domini Centum Undecim perdonantia Trigesima Martii Decem Septem Annorum, et Septem Quarantenis Sopra l'epistilio del lato sinistro dell' altare si distende come una cornice di pietra, in cui si vede scolpito da rozzo scalpello il transito di Sant' Antonio, con l'immagine di San Paolo primo Eremita, e di un lione, che scava la terra per la sepoltura dell' Uomo Santo. Tal sorta di sculture benchè goffe e barbare quanto mai, sono però da tenersi preziose, siccome rari monumenti per la storia delle arti in quei secoli infelici. Imperocchè se non può negarsi, che la scultura degli ornati, singolarmente in Italia (anche ne' periodi più tenebrosi dal VI. al XI. secolo) siasi mantenuta talvolta in condizione plausibile, quella della figura umana decadde del tutto persino nei bassi rilievi. Non è dunque a maravigliarsi, se ancora quelli, di che discorriamo, i quali sono certamente del secolo XI. si trovino di una conformazione, che corrisponde all' eccessiva decadenza della scoltura. La parte inferiore di questa Chiesa è divisa in tre navate, i cui archi conterminano in acuto: essa non ha cosa degna da vedersi tranne un' ambone di marmo bianco, il

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quale sorge dal pavimento fin sopra la porta, per cui si scende cripta, o confessione. E poichè qui cade menzione di queso monumento dell'antichità cristiana, non sarà fuori di propeto d'accennarne parola, come di cosa, in cui l'arte non rare alte, ha sfoggiato. Era l'ambone una specie di pulpito di semplice pietra, o di marmo, dove leggevasi l' evangelio, e l'epistare sacri Uffizi solenni. Ascendevasi ad esso per diversi gae sorgeva al lato un Candelabro della stessa materia a tamento del cerco pasquale, I varj intagli, le colonne, plastri, di cui erano ornati dimostrano chiaramente, che gli atsti s'occuparono di quèsta parte, non meno che delle altre. A dare una prova della grandiosità, e magnificenza, che qualche vella venne usata, basta il dire, che la colonna situata in Roma eri della Chiesa di San Paolo era un candelabro dell' ambone a quella basilica appartenente. Questo sotterraneo è di molto elegante struttura. È egli sostenuto da varie colonne di marmo, e diviso in tre navate, ed ha nel mezzo un solo Altare. La facciata tutta à travertino non ha ne' lati a suo ornamento, che due pilastri sporgenti appena dieci once dal muro. Le feritoje non danno the una luce mediocre; pel resto non cade dubbio, che questa Chiesa soffrisse specialmente rovina allorchè abbandonata dai Moebbe danni gravissimi per parte degli Apirani, che nel 1227 la saccheggiarono, ed in parte distrussero; finchè nel 1431 Papa Eugenio IV. concesse indulgenze a chiunque visitasse questo luogo a alcuni giorni stabiliti, e porgesse mano alla riparazione di detta Chisa, e del Monastero; lo che costa dalle stesse, sue lettere piche. (5) Da tutto questo si può raccogliere, che la fabbrica attuale ritiene più della costruzione di quelle erette nel seXIV. di quello sia del secolo XI. ad onta, che l'iscrizione ancora esistente ne provi il contrario.

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Che quelli d'Apiro sorgessero contro ai Monaci, non è da far meraviglia, mentre simili esempj li vediamo ancora in altri lunghi di questa provincia, dove i Monasterj erano moltissimi. e si andavano di giorno in giorno aumentando. Avevano presso di noi i Monaci acquistato quasi una sovranità, ed i loro acqui

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Da tutto questo si può facilmente conoscere avere errato, Vasari (10), e tutti quelli, che poi il seguirono, nell'asserire, che il disegno del Duomo d' Ancona fosse fatto intorno al 1270 da Margaritone d' Arezzo Egli è bensi certo, che Margaritone fece in Ancona varj lavori, i quali a suo lnogo vedremo, ed è verisimile, che in quel tempo che vi rimase dirigesse ancora non già la Cattedrale, che molto prima era stata fabbricata, ma bensi qualche ornamento inferiore, ed è forse suo disegno la porta principale, ch'è di un gusto corrispondente all' epoca sua. Conferma ed agquest' opinione lo scorgersi, che il portico fu fabbricato, giunto dopo di essersi già compito il muro della facciata; giacchè tanto i marmi, che formano la base, e le volte del detto portico non sono incastrati nel muro della facciata stessa, ma soltanto ad essa appoggiati. Si vede inoltre, che il disegno del portico già fabbricato richiedeva, che altri simili portici laterali vi fossero, i quali avrebbero occupata l'intera larghezza della facciata, e ricoperti i bassi rilievi, che vi erano già collocati, ed in conseguenza apparisce, che il disegno, e lavoro del portico è assai diverso, e posteriore a quello della facciata, la quale benchè più adorna, e più lavorata delle pareti interiori, può nondimeno reputarsi fatta insieme col rimanente della Cattedrale nella fine del secolo XI. Per non lasciare, che desiderare, rapporto a questo sacro edifizio, dirò, ch' esso è opera laterizia, e che essendosi così bene nella maggior parte conservato, dimostra chiaramente, quanto in genere di solidità fossero perfetti gli Orientali, da quali non v' ha dubbio attinsero i Latini, i cui edifizj lotterebbero an cora co' secoli, se avessero potuto ugualmente resistere alle guer riere macchine degli Unni, e degli Alani. È certamente Plinio a Lib. XXXV. Cap. XIV. parlando delle principali fabbriche dei Grec fatte a mattoni chiama eterna questa maniera d'edificare➡ Graeci, praeterquam ubi esilice fieri poterat structura, parietes lateritias praetulere; sunt enim acterni si ad pendiculum fiant. Argomento piucche probabile per conghietturare, che nella maggior decadenza eziandio si ritenesse perfetto quel tenace impasto derni ignoto, se anche le fabbriche gotiche non di mattoni,

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grosse pietre, e fuori di sesto costruite contarono esse ancora dei secoli, ed alcune in gran parte presentemente sussistono.

Se fino ad ora, ed anche nel secolo progressivo non ricorderò per lo più che sacre Basiliche, ciò nasce perchè furono le più gardevoli costruzioni, che si videro sorgere a questi tempi; lesle, in cui l'arte, come che in decadimento poteva ancora far mistra talvolta di qualche avanzo dell'antica sua magnificenza; , che essendo fatte con solidità, nè sottoposte, come i i edifizj alle fantasie di sempre nuovi padroni, ed al cacio di nuove usanze, sotto l'ombra invece di una Religione servatrice dovettero più delle altre poter resistere all'ingiurie tempo, e ciocchè è più, al genio distruggitore dell' Uomo.

NOTE

E DOCUMENTI.

(1) Annal. Camald. Tom. II. Pag. 140.

Nel 1828 soffri questa Chiesa rimarchevoli variazioni, ordinate specialmente da Papa Leone XII.

Nel principale Altare di questa Chiesa esiste un Quadro rappresentante Cristo Crocifisso, Santa Maria Maddalena, Sant'Agostino, e San Girolamo dipinto con ragionevole e franco disegno, ma debole nel colorito. In un' angolo vi si legge, Damianus. Cinis. ff. Anno 1562.

In questo luogo visse lungamente il Santo Monaco Domenico Loricato, ad onore del quale si eresse una Cappella, ed il Cardinal Doria Comendatario di quest' Abazia ne fece fare nel compirsi del passato secolo il quadro che lo rappresenta, da un me diocre Pittore Romano.

(2) Fortunio. Vita di S. Romualdo Lib. I. part. II. Cap. XVII. (3) Annal. Camald. Tom. I. Pag. 277. Nella fabbrica annessa alla Chiesa si vedono antiche costruzioni, segnatamente in un corridojo alcune umili celle, frà le quali se ne addita una, in cui dicesi abitasse il Patriarca San Romualdo.

Turchi. Cam. Sac. pag. 117.

Annal. Camald. Tom. I. pag. 310.

(5) Turchi. Cam. Sac. pag. 151 usq. pag 154. Annal. Camald. Tom. I. pag. 289, e Tom. IV. pag. 302. (6) Cordero di S. Quintino. Architettura Longobarda. Ragionamento citato pag. 172.

(7) ANNO D. MCXVII FUIT TRASLATUS EPISCOPUS MARCELLINUS HUC IN SEPULCRUM.

Baronio. ad ann. 1177.

Hoc gestum in Civitate An

conae in Ecclesia Majori Sancti Laurentii.

Saraceni. Storia di Ancona. pag. 152.

Corsini P. Odoardo. Ch. Reg. delle Scuole Pie Relazione dello scoprimento, e ricognizione fatta in Ancona de' Corpi de' Santi Ciriaco, e Marcellino Roma 1750.

pag.

(10) Vasari. Ediz. dei Classici di Milano del 1811

263.

Tom. I.

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