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1 Maestro, e considerata la grandiosità di Michelangelo, teBendo però più che questo nascosto l'artifizio, che usava, come saviamente osserva Mengs. Sono all' intorno della figura del Salva

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ed al basso Angioli, e Profeti; e perchè trattandosi di uno spazio ristretto non avrebbe potuto supplire a quanto le vaste sue idee gli somministravano, con aggiustatezza d'occhio, e senza confusione alcuna introdusse le sue figure in modo, che bene lo mostrano espertissimo disegnatore, e negli scorci così pratico, che fa veramente meraviglia il vedere come li trattasse sì bene, dapoiche tentati con ardire gli aveva Michelangelo frà i primi dopo il risorgimento delle arti ( sapendosi che il solo Melozzo da Forlì aveva in antecedenza dipinto qualche opera di sotto in sù nello stile de' suoi tempi ).

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In due tavolette dell'altezza di tre palmi scarsi, e sei lunghe figurò le Sibille, ed ivi al pari del suo Maestro trovò concepimenti nobili, e leggiadri ed insieme religiosi: la grazia, la varietà, la bellezza degli acconciamenti s'adattano così bene coll' elevatezza dei pensieri di quelle a cui l'antichità assegnò tanta reverenza. Due sono infine le altre tavole rimaste. In una si hanno le imagiSan Lorenzo, e di San Benedetto, e nell' altra quelle di Santa Maria Maddalena, e di Santa Scolastica. Semplicissime composizioni, e purgato disegno presentano questi due soggetti; ma in essi, come nel restante del quadro diede a divedere che per ingrandire lo stile del suo disegno si propose anche di rinforzare l'effetto delle sue tinte, che quivi appajono calde, e vaporose. Su tale argomento giustissima è l'opinione che porta Signor di Quatremere de Quincy (29), quando dice che ai tempi di Raffacle non poteva più la fredda maniera di dipingere collegarsi ne con la grandezza delle composizioni, ne col sentimento d' inspirazione, ch' esse esiggono, ne con l'arditezza del disegno, e con quella specie d'entusiasmo che penetrando l'animo del pittore, gli fa cogliere rapidamente que' tratti energici, onde vengono appresentati li movimenti impetuosi dell'anima, e del corpo.

Nou si allontanò dal proposto metodo il nostro artista,

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allorchè nel 1532. (30) diede opera a due grandi tavole Corinaldo. In una (che nel principio del secolo attuale era presso famiglia Ottaviani di quel luogo, e che oggi forma parte della' ricca raccolta del Cardinale Fech in Roma) figurò la Vergine Annunziata imaginando, che il mistero avesse luogo in un cortile da lui abbellito con sceltissime architetture, stravaganza, che sebbene non s' addica alla convenienza del soggetto, per l' arte dinota però quanto egli acquistasse anche in questa parte colle pratiche, che tenne col Sanzio, deducendosi dalle sue opere qual fino gusto adeperò nell' architettura, dopocchè esercitato si era sugli esemplari greci, ed erudito per sei anni dalla voce di Bramante, per cui apprese tanto da potere snccedere al suo Maestro nella sopraincomunicó L tendenza alla fabbrica di San Pietro, e quanto egli seppe ai suoi discepoli. L'altro quadro fu quello, che lungo tratto tempo rimase nella chiesa di Sant' Agostino, e che ora nel più deplorabile stato ridotto è posseduto dal Sig, Vincenzo Ciani. Semplicissima n'è la composizione; oltre la Vergine glorificata da e Sebastiano. molti Angeli collocò al basso i Santi Francesco Meno i contorni, che ancora appajono semplici e corretti, pel resto non possiamo farne parole: imperocchè è esso sfigurato in modo da non dar luogo a rilievo alcuno. Così purtroppo siamo astretti di ripetere per quell' unica tavola, che Vincenzo lasciò nella chiesa maggiore della Terra sua natale, giacchè il preteso restauro, a cui la sottopose un tale pittore di Fermo, molt'anni, tolse al quadro tutte quelle velature, ed ultimi tocchi, i quali sono nei dipinti sì preziosi, che si può dire abbiano per che essi bell' accordo, e vita le dipinture. È tradizione costante, la detta tavola con l' Assunta fosse commessa a Vincenzo per ornamento del magnifico Tempio dell' Annunziata di Firenze. poi ivi non si spedisse, perchè le condizioni si alterarono, cui avvenne ch' egli ne facesse dono alla patria, che grata onorò ‹l'artista, come meglio seppe (31).

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Fu nel 1547, che Pagani condusse in Fallerone, e diedesi pochi passi a dipingere a buon fresco in una piccola chiesa a

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lontana dal paese, la quale allorchè la vidi fummi riferito essere di ragione dei Frati Minoriti di Monte-nuovo, e non potetti a meno di far palese il desiderio che fosse meglio mantenuta, e custodita. La Vergine avente in grembo il Bambino è seduta in alto, ed al di sotto i Santi Rocco, e Lucia formano tutto l' insieme della composizione. Le tinte delle carni illanguidite dal tempo, e più anche dalla qualità della calce non più accordano, ed armonizzano col resto, che ancora conserva quel caldo colore, che noi già annunziammo avere usato questo pittore nel più glorioso periodo della sua vita (32). Il disegno, le mosse, il piegare, tutto richiama all' imitazione del corretto, ed elegante stile di Raffaele. Il Bambino mostra una purezza di contorni nel nudo; la testa della Vergine, e quella della Santa una grazia, ed un grandioso, pregj esclusivi di quella scuola, e quest' ultima vedesi atteggiata in modo da non sconvenire al suo Maestro. Un altro dipinto sul muro dicevasi essere di Vincenzo, in una piccola chiesa dedicata a Santo Stefano, o a San Lorenzo passato il fiume Lete, che sta poco presso Monte Rubbiano verso Fermo. Erano ivi i due Santi Leviti sunnominati, ed in mezzo la Vergine; ma in oggi scorgonsi talmente mal ritocchi, che appena ricordano la primitiva loro esistenza. Demolite altresì furono le dipinture, che di quest' artefice i vedevano in una chiesa dedicata al Sagramento nel Porto di Ferino, dove fra bellissimi comparti erano piccole storie del vecchio Testamento. Poteva in fine anche dirsi perduta una sua tavola con un San Michele, ed altri Santi, oltre un vivissimo ritratto, che esistette in una chiesa sotto l'invocazione di detto Santo in Filottrano, se il Marchese Giovanni Accorretti non si fosse dato cura di toglierla dalla rovina, che minaccia quel luogo.

Mentre quest' artista marchianno adopravasi ad arricchire di sue opere la provincia, viveva in Perugia un suo figliuolo nominato Lattanzio, (33) il quale oltre l'esercitarvi l'arte del Padre era anche capo delle milizie di detta Città (34). Nudriva esso molta brama, che il padre fosse pure adoprato in Perugia, e per rimirvisi, e perchè ivi ancora risaltasse il di lui merito. Pertanto

il 5 giugno dell' anno 1553 con Leonello degli Oddi di porta Susanna strinse a nome del Padre contratto per una tavola da collocarsi nella cappella gentilizia di San Francesco; circa al valore convenne che sarebbe fissato da due periti dell'arte, e che per allora si versassero sei scudi d'oro a caparra del più, che si sarebbe dato a lavoro compiuto, restringendo il tempo a tutto il mese di agosto di quell'anno (55). Dietro tale contratto si trasferi Vincenzo a Perugia, e diede mano alla tavola surriferita, figurandovi nell' alto la Triade, a mezzo il quadro la Vergine, ed al basso i Santi Francesco, Antonio, e Giovanni Battista, Narra Mariotti, che in questo lavoro avesse anche parte Tommaso da Cortona, ed infatti differisce talmente dalle altre opere fatte dal Pagani nella Marca, ch'è hen facile ravvisare essersi dovuto attenere piuttosto allo stile del compagno che seguire il metodo tenuto in addictro; siccome però meglio si conformava al bello dell'arte il già praticato, così questo lavoro fra tutte le opere sue è quello forse che meno l'onora.

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Terminato che l' ebbe trovossi sciolto da ogn' obbligo, e diedesi perciò al partito di mettersi nel numero anch'esso di quei pittori, che si trovavano in quei dì impegnati nei dipinti della Cappella, e degli appartamenti della fortezza di Perugia (36). Vi lavorava Lattanzio, e con esso erano Cristofaro Gherardi da Borgo San Sepolcro, Raffaele dal Colle, Adone Doni, e Tommaso d'Arcangelo Paperelli da Cortona. Dal nome di questi artisti può ben credersi che le opere, che ivi fecero non smentirono l'opinione, che altrove si erano meritata; ma d'altronde le molte vicende a che soggiacque quella fabbrica specialmente in tempi ai nostri non molto lontani, danneggiarono in tal guisa gli ornamenti ivi riposti, che alla sola storia conviene ricorrere per sapere quello, che fu; giacchè pel resto quasi ogni norma è smarrita (37). Che alla scuola del Padre appartenesse Lattanzio buona prova sarebbero i dipinti, che si vedevano nella Chiesa di San Domenico di Fermo, i quali per uno scritto esistente presso i Sigg. Vinci di detta Città diconsi suoi (38); non manca però qualche altro (e frà questi

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l'Abbate Catalani (39)) che gli ascrive a Vincenzo; e non è fuor di luogo il crederli di lui, mentre per quel pochissimo, che ancora vedesi, si conosce quanto basta per così giudicarne. Laonde potrebbe dirsi, che il figlio fosse stato in quel tempo diligente seguace del suo maestro. È a sapersi che a piedi della detta Chiesa fece un triangolo ornato da bella cornice di stucco, o terra cotta, con entro dipinta a buon fresco una deposizione di Cristo dalla che suppongo sia quella stessa. che in parte mozzata, ricoperta di goffi fogliami intagliati ora rimane in uno degli ultimi Altari di detta Chiesa; il resto poi che alla pittura suddetta faceva ornamento, e specialmente varie figure, che al soggetto principale appartenevano, sappiamo con certezza, che o perirono miserao rimasero nascoste (come mi si suppone) frà muro e allorchè diedesi mano a riformare la Chiesa.

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Bella fuori di modo è la testa della Vergine, la cui capigliatura è ricoperta da un panno di bianco lino con eleganza piegato ; e non è meno lodevole la figura del Cristo, per la quale si mostra ben pratico, ed intelligente disegnatore. S'è sua quest' opera 0, cade in acconcio il dire, che allontanatosi dalla Marca, e dal Pa

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dre uno stile totalmente diverso abbracciò giunto che fu a Perugia. Trovavasi nel 1540 in detta Città Legato il Cardinal Crispo ed amatore ed estimatore d'ogni bell' arte, ebbe a commettere al Sangallo la fabbrica della Chiesa di Sant' Angelo, e questa non appena compiuta, fece sul disegno di Galeazzo Alessi eriggere sopra le vecchie fondamenta l'altra di Santa Maria detta del Mercato (40). In sul principio dell'anno 1549 quando la fabbrica si disse terminata, si volle dal Cardinale, che il quadro da collocarvisi convenisse all' eleganza, e bellezza del Tempio; perciò ne affidò la cura a Lattanzio, che assai bene corrispose. Figurovvi in alto la Vergine, ed al basso molto popolo supplichevole, e devoto. E largo campo per questo gli si presentò di far mostra della sua fervida fantasia, non essendo ad alcun vincolo tenuto pel soggetto rappresentava. Può dirsi che ritrasse dal vero molte di quelle figure, che vi si vedono, giacehè così appariscono. Lo dipinse a

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