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DEI PITTORI

CHE NELLA MARCA

SEGUIRONO LO STILE DI MAESTRI ESTERI.

CAPITOLO XVII.

Se per avanzare nelle arti al pari che nelle lettere e nelle scienze

era duopo dar' effetto ad una ragionata imitazione, questa specialinente doveva derivarsi dal bello ideale, che ben considerato è un bello per eccellenza, un bello riunito e superiore a quello, che la natura ci presenta disperso; ed ideale si disse, perchè figlio era dell' umana mente più che della realtà. Fu questo, che studiò superiormente ad ogn'altro il Sanzio, e lo apprese dall'esame delle opere greche; fu questo, a cui tennero dietro i suoi discepoli; ma ciononostante non potè con quella celerità, che si sarebbe desiderata estendersi ovunque così utile pratica. V' ebbero perciò specialmente nelle provincie parecchi pittori, che non sapendosi scostare da quei principj, che assunti eransi nell'infanzia dell'arte, rimanevano ancora stentati ne dintorni, insipidi nel colore, meschini nelle invenzioni, monotoni nelle espressioni, senz'avvedersi, che ciò derivava da una pusillanime e servile imitazione del reale, dalla quale non uscirebbero, se non ammaestrando la mano al meccanismo dell'operare, ed addestrando l'occhio a conoscere le proprietà degli oggetti, e a separare gli esenziali dai meno caratteristici, ed importanti. Conobbi fra questi un Pietro Paolo Agabiti, che come architetto nominai, e che ora cade in acconcio doverlo annoverare anche fra' pittori. L'ascrisse Lanzi (1) ai ragionevoli antichi, ed io per tale lo ritengo, scorgendo in esso più un seguace dei Crivelli, di quello si fosse del nuovo stile intrapreso, il quale indotto aveva gli spiriti umani a sentire

in un colle proprie forze il bisogno d'agire liberamente, ed a farsi arditi da spezzare ogni vincolo, ed operando da se togliere l'arte dalla condizione di serva, ai diritti ed alla dignità sollevandola d'arte liberale. Due suoi quadri esistenti nella Chiesa di Santa Maria del Piano di Sassoferrato, l'uno eseguito nel 1511, e l'altro nel 1518 comprovano il giudizio sopra enunciato. Si tenne nel primo alle consuete composizioni, vedendovisi la Vergine seduta in alto seggio, ed ai lati i Santi Giovanni Battista, e Caterina. Nel grado eseguì piccole storie della passione di Cristo, e queste noi loderemo più per un vago colorito di quello sia pel corretto disegnare ed animato comporre. Nel tingere non s'allontana dal Crivelli, e questo pittore imitò ancora nel dare alle figure atteggiamenti graziosi. Un bambino, che qui vedesi in atto di cogliere delle frutta che al pari del suo modello con molta verità eseguiva maggiormente lo prova; e di poco scostasi da questa medesima composizione in una tavola che nel 1522 ebbe ad eseguire per la Chiesa di San Francesco di Corinaldo (2).

Fassi vedere in San Martino un'altr' icona colla data del 1512, che all' Agabiti ascrivono quelli di Sassoferrato (3); ma se sua fosse, il che non affermo, mostrerebbe di merito inferiore a quello appaja in due altri lavori, che qui lasciò. Uno ha luogo in San Fortunato, ed in esso più che occuparsi del principale soggetto, attese a ben disporre ornati, e a indicarvi da lungi Sassoferrato, qual vedevasi a quel tempo, cioè garantito da ben' intesi fortilizj, ed ameno per le colline, che lo circondano di fronzuti alberi ricoperte (4). L'altra tavola è quella, che ammirasi tuttora nella Chiesa di Santa Croce, opera del 1524 (5) dove figurò San Benedetto che accoglie sotto il suo mautello molti Monaci. E qui cade a proposito il ripetere che dovette egli più attenersi ad imitare la natura nudamente, di quello fosse capace di trasportare la sua imaginazione ad un bello ideale, giacchè non fece in questo soggetto ( al pari, che in parecchi altri ) che rappresentare le imagini di que' Monaci, che allora formavano la religiosa Famiglia. Tal pratica tenuta dall' Agabiti, e da qualche

altro, di copiare cioè la natura com' ella stå pel tempo in cui essi vivevano, era un far ritornare l'arte al fanciullesco sonno ed all' incertezza de' suoi primi passi; percui appariva che pretendesse di richiamare il mille nei secoli per queste, e per le scienze progressive più illuminati.

Non allontanossi il nostro pittore dal metodo fin qui tenuto, allorchè partendo da Sassoferrato cambiò domicilio, andando ad abitare la terra del Massaccio presso Jesí. Ne' primi anni del suo vivere erasi fatto conoscere in quel paese come buon Scultore in plastica, e di sua mano furono le statue di terra cotta, che oltre il 1516 fece pel così detto Convento dell' Eremita; e come addita il Menicucci (6) altra fu collocata il 15 di Marzo del 1513 nell' ingresso della residenza del Magistrato. Dopo queste prime opere, penso lasciasse affatto la pratica dello scolpire (quando eccettuare non si voglia una Nostra Donna, oltre gli ornamenti d' un' intiero altare, che parimente in terra invetriata mandò ad Arcevia (7) ), e tutto dedicatosi all'esercizio della pittura, e dell'architettura compi la mortale sua carriera al Massaccio, occupando gli ultimi suoi anni nell' ornare di dipinti la Chiesa, ed il Convento dell'Eremità, e tali lavori non dimezzò, se non richiesto da Padri Minori Osservanti di Jesi di una tavola colla Vergine in mezzo a due Santi, che venne poi collocata nel maggior altare della loro Chiesa l'anno 1531 (8).

Simile all'Agabiti nelle maniere fu un Giuliano da Monte Fano, che oriundo si dice esso medesimo da Fabriano, in un quadro colla data del 1545, che vedevasi nelle Cappuccine di detta Città, e che ora non saprei che fine avesse (9); ed in un'altro lavoro, che fu lungamente nell' antico refettorio de' Padri di San Domeni co di Fabriano, e non sono molti anni che passò a Gubbio (10). Vi si mostra secco ne' contorni, nel colorito gajo quanto basta, timido nel muovere le figure, che seppe però unire in più ben'intesi gruppi di quello facesse Paolo suo coctanco.

Macerata aveva anch'essa uno di quegli artisti, che meno dei surriferiti curavasi tenere dietro alla riforme. Ebbe nome Lorenzo

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Pittori, ed era specialmente adoprato in fare Madonne, secondo la devozione degli abitanti. Di sua mano è l'imagine di Nostra Douna detta delle Vargini, che vedevasi in un muro esterno nel 1533, e che fu poi da quel luogo rimossa quasi ridipinta, e quindi collocata ove ora rimane il 31 marzo del 1605; essendo in tal tempo avvenuta l'erezione del Tempio, di cui ebbi a far parola in uno de' capitoli precedenti (11). Poco valse nell'arte ch'esercitava, ma ci compensò con l'educarvi il suo figliuolo Bartolomeo, che non saprei se per i precetti ricevuti dal Padre, o per una migliore inclinazione il suo Maestro superò. E siccome sembrava che il genio radicato si fosse in famiglia, così fu pensamento di quest'ultimo d' incamminare nell' arte il suo figlio Pompeo, che riuscitovi fu compagno al Padre nei lavori, ch'ebbero ad eseguire in Fano, dove tanta parte di loro vita condussero, che Fano nomarono loro patria; così infatti verificandosi nell' iscrizione, che leggesi in un quadro dipinto nel 1554 per la Chiesa di San Michele di detta Citta, dove nella parte superiore figurarono il Santo titolare, che caccia Lucifero, ed ai lati due angeli, l'uno dei quali fà mostra delle bilancie, e l'altro regge lo scudo ; emblemi all'Arcangelo assegnati da ogni pittore; nella parte poi inferiore ebbero a dipingervi la risurrezione di Lazzaro (12). Fu presso gli antichi specialmente in uso di far comparire in un solo quadro in diversi piani di veduta o soggetti diversi, o più e differenti azioni del personaggio che rappresentano, ma così operando, non s'avvedevano, che tal metodo pregiudicava fuor di modo all'unità; ; imperciocchè il pittore nell' inventare deve avere fermo nel pensiero il precetto d'Orazio

» Si quodvis simplex dumtaxat, et unum. »

vale a dire, che le azioni accessorie, i siti, ed ogn' altro oggetto del quadro abbiano tal connessione collo scopo principale, che insieme con essa formnino un solo tutto, ossia una sola rappresenta

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di modocchè un solo sia il fatto, un solo il luogo, e un

solo il tempo di ciò che si rappresenta. Le quali cose non bene si combinano ne con indebolire l'attenzione astringendola a due oggetti per se stessi diversi, e fra loro disparati, ne col presentare uno stesso personaggio intento aď ́azioni eterogenee col soggetto principale.

Essi marcarono duramente le linee ne' loro contorni, ed ai quattrocentisti s' attennero, lasciando che i moderni gridassero a loro voglia. Nel solo colorire ebbi luogo a rilevare, che le maniere del Lotto fossero a loro piaciute, e che quelle tentassero imitare, escluso un' impasto più oscuro, da cui mai si allontanarono.

Si rimase solo Pompeo, allorchè richiesto d' un suo quadro con varj Santi per la Chiesa di Sant' Andrea a Pasaro si condusse (13). Creduto si sarebbe che lontano dal Padre avess' egli maggiormente apprezzato il nuovo stile, ma al contrario avvenne per quello dice Lanzi (14), accertandoci che quel lavoro onorare non potea che un' artista, che vissuto fosse un secolo prima. Di tale pertinacia ben s'avvide Taddeo Zuccari, il quale benchè giovanissimo d'età, pure alla scuola di Pompeo non rimase che per breve spazio, poichè al dire di Vasari (15) le di lui opere non piacee si biasimavano i scorretti costumi; la qual cosa fa onore al detto Zuccheri mostrandolo giovane, temperato, e modesto.

vano,

Una tavola di Pompeo, che s' ammira nella terra di Massignano, mostrerebbe, per quanto mi viene narrato, che in fine della vita si ricredesse, tanto questa dalle opere finora indicate si diparte. E potrebbe anche esser una prova, che la volontà degli artisti veniva troppo facilmente contradetta da quella degli ordinatori, i quali più soffrire in essi non potevano l'usato metodo, che non confrontava in bellezza, ed in ragione con quello, che allora si praticava per cui tutti quelli, che l'arte del dipingere coltivare volevano, astretti erano a riformarla. M' accadde pertanto riconoscere in un Duranti, che suppongo di Monte Fortino, uno il di coloro che tentavano al nuovo stile adattarsi, dopo avere vecchio tenacemente seguito. Così si dà egli a divedere in un quadro che nel 1549 lasciò nella chiesa dei Padri Minori Osservanti di Massa diocesi Fermana (16).

:

di

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