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Terminato ch' ebbe il riferito lavoro si rivolse a compiacere i Monaci Cassinensi, che ad ornare la loro Chiesa di San Pietro il richiedevano. Ivi dipinse nell'abside sotto la grande finestra di mezzo due figure colossali esprimenti l'una la Prudenza, e l'altra il Centurione, e nei laterali il Titolare che cammina frà le acque, mentre Cristo l'attende all'opposta sponda, e nel sinistro la voSan Paolo. Anche le lunette del chiostro di questo Monastero furono per esso eseguite, meno le prime quattro a mano dritta, che sono del Bandiera; pittore che gli fu compagno anche ne' dipinti, che si fecero nella Chiesa (20).

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Santa Croce di

Escluse sarebbero tali opere per ciò, che Baglioni del Lombardelli riferisce, e con esso quanti di lui scrissero, mentre tutti lo dicono morto in Loreto l'anno 1587. Ma lo scoprirsi e il leggersi in un libro necrologico della parrocchia di Perugia, che questo pittore morì in quella Città giorno 23 luglio del 1592, e che il suo corpo ebbe sepoltura nella chiesa di San Domenico dimostra il contrario, e la sua vita per tale notizia di parecchj anni si prolunga.

Da due lati specialmente pendeva l'imitazione di quei pittori, che nel finire del secolo attuale trovavansi impiegati ne grandi lavori, che la pontificia munificenza ordinava. Eranvi di quelli che di Federico Zuccheri, e di Raffaele da Reggio tenevano miglior concetto, ed a questi si accomodavano più di buona voglia; così avvenne di Cati, e di Lombardelli. V' erano altri che del Baroccio volevano esser seguaci, e per tal metodo abbandonavano gli antichi ammaestramenti, e si davano intieramente all'incantesimo baroccesco. Narrerò per questi ultimi di Francesco Vanni da Siena, che i modi dei Zuccheri portò a Roma, avendo studiato da Arcangelo Salimbene suo Patrigno; ma non appena ebbe vedute le opere che dal Baroccio si producevano, diedesi anch' egli a quei modi delicati, e seducenti, e fu dei pochi, che più da vicino li seguissero, (21). Col Vanni era in Roma Andrea Lillio d' Ancona pittore anch'esso, che qualche nome aveva lasciato nella sua patria. Stretti costoro in vicendevole amicizia diedero talmente a praticare

un metodo uniforme, che in qualche quadro non si distingue il pennello dell' uno da quello dell' altro (22).

A Sisto V. non fu ignoto il nome di costui, e richiestolo lo destinò a far numero di quegli artefici, che varie storie dipingevano nelle sale della Biblioteca vaticana (23). E non appena fu sciolto da quel lavoro, che in Santa Maria Maggiore dipinse primieramente in una Cappella San Girolamo in atto di lavare i piedi ai suoi discepoli, e vi lasciò anche altre cose. In San Giovanni Laterano fu anch'esso fra quei moltissimi, che nella loggia figurarono i fasti di San Pietro, e di Costantino. In San Salvatore alla Scala Santa nella volta a mano destra è suo il Mosè che disseta il popolo ebraico. In Santo Spirito in Sassia espresse ne pilastri di una cappella li quattro Evangelisti. Più diligente del consueto apparisce in una tela, che tuttora vedesi nella chiesa di Santa Lucia della Chiavica, dove è San Francesco che si mostra a San Buonaventura. È buon risalto altresì fanno le storie di San Girolamo, che in competenza di Antonio Viviani detto il Sordo d' Urbino (24) dipinse nella chiesa de' Schiavoni. Moltissime altre cose sarebbero qui a riferirsi da lui fatte in Roma ma, le taccio, o come non più esistenti, o come dimenticate specialmente per il suo troppo variare di modi, per cui riuscendo qualche opera di poco, verun conto fu biasimata con danno delle buone che meno si valutarono. Avvenimento non raro a quelli, che per far molto, non curano di diportarsi sempre ugualmente. Vedesi pertanto qualche volta costui voler esprimere la delicatezza d'una carne gentile con certa slavata tinta biancoverdastra, ovvero biancoturchina, e toccata di tanto in tanto in qualche parte più sanguigna di colore rosseggiante; talchè, se non vi si vedessero disegnate le forme umane, potrebbesi credere essersi voluta piuttosto rappresentare talvolta la variopinta iride. È in tal foggia o poco meno dipinto un quadro nella chiesa di San Giovanni Battista d'Ancona, col Crocifisso, ed a piedi oranti San Carlo, e Sant' Ubaldo, lavoro che non avrei voluto neppure ricordare, se non avessi a confrontarlo con altri, i quali certamente mostrano che se Andrea voleva

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nell'arte comparire esperto, aveva animo di riuscirvi. E così dimostrossi certamente al Cav. Chiusole (25), quando un quadro del Lilli in Sant' Agostino d' Ancona con San Niccola da Tolentino, che offre un giglio alla Vergine, l'attribuì a Lelio Orsi da Novellara; tanta è la grazia del chiaroscuro, e l'impasto del colore, che dentro v' ebbe a scoprire. D'altro genere, ma non meno da valutarsi per lo spirito, che vi si scorge sono que' quattordici quadretti colle storie di San Niccola, che rimangono tuttora nella Sagrestia di questa medesima chiesa. Frà essi fermai l'occhio in quello, ov'è riportata la figura di un Santo Vescovo in mezzo a molti Monaci. Il soggetto era difficile a trattarsi, perchè il molto nero di quei vestiti non poteva riuscire gradevole. Esso ebbe il giudizio da far nascere uno sbattimento da una fabbrica, che vi si vede, e così colla varietà della luce, che ripercuote que' diversi neri, potè formare un buon' accordo, e bene accomodarsi al gusto d'ognuno, superandone le necessarie difficoltà. Se alla buona composizione unita avesse altrettanta diligenza sarebbe a lodarsi la tela colla Pentecoste, che hanno i Frati di San Francesco di Paola nel principale altare della loro chiesa. In uno degli Apostoli ritrattò alcuno de' suoi amici, e nel fare ritratti colpi Andrea si vivamente, e con sì bella pittura, che a mostrare quant' egli valesse in tal genere, basta un ritratto di donna della famiglia Marcelli che gelosamente conserva il Sig. Lodovico Storani di An

cona. Fu per un' Antonio Bertola, che dipinse con buon finimento il quadro col San Tommaso, che tuttora esiste in una delle sale del Municipio d' Ancona (26). Risoluto, ma non esente da qualche stravaganza è il gran quadro, che lasciò nella chiesa di Santo Stefano con l' Ascensione di Cristo sopra, e sotto il martirio del Protomartire. Ottima prova della verosimiglianza delle opere del Lilli con quelle del Vanni è una tela ch' esiste nella chiesa de' Padri Minori Osservanti d'Ancona, la quale tiene moltissimo d' un' altra del lodato Cav. Vanni, con un miracolo di San Raimondo, che riscontrai nel primo altare entrando nella chiesa di Sant' Agostino di Siena (27). Vi si vedono San Francesco,

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e San Bernardino genuflessi spiranti dal loro volto sentimenti della più accesa e fervente devozione; dietro all' uno è San Paolo che addita la Croce, che s'eleva nel mezzo; e all' altro San Giovanni Battista, che anch'esso l'adora compiendo l'azione angioletti festevoli toccanti le corde di musicali istrumenti. Il colore ha molta lucidezza, specialmente nelle carni, e se nella totalità non v' ha vigore di tinte, non manca però un bell'accordo ; lodevole altresi il chiaroscuro, avendo superato anche qui ogni difficoltà per bene collegare i variati colori di quegli abiti de' Monaci, cogli altri più vivi de' Santi surriferiti (28). Una sua grande opera è al Duomo di Fano, e questa è il quadro posto nella cappella fabbricata a spese di Guido Nolfi, dove il celebratissimo Domenichino ebbe anch'esso a fare cose degne del suo sapere (29). Il soggetto fu quello di mostrare molti Santi uniti, che bene ordinò, e meglio variò. Lanzi lo vide, non lodollo pel disegno, ma per le tinte ascrisse Andrea frà i buoni imitatori del Baroccio ; a confermarlo nel suo giudizio giovò un' altra tela, ch' esistette nella chiesa suburbana di Santa Caterina di Montalboddo, ed ora vedesi in quella di Santa Croce col martirio di San Lorenzo, che si disse del medesimo Baroccio, finchè più sicure notizie non fecero scoprire il vero autore (30). Ed in abbaglio cadrebbe chi non considerasse che il Lilli seppe essere, quando il volle, castigato dipintore, dandone la più sicura prova un quadro col martirio di Santa Marta nella chiesa della Misericordia di Sant'Elpidio, opera vivacissima, e pronta del 1602 (31) commessagli un Giovanni Battista Massucci; è più di questo un' altro con una deposizione di Croce, che tanto pel soggetto, che per la composizione s'avviciua d'assai al quadro, che fece il Baroccio pel Duomo di Perugia, e che gli abitanti della terra di San Marcello nel Jesino dicono originale; ma realmente io lo considero del Lilli, deducendolo dalle maniere, che sono le più chiare'; come per suoi lavori ritenni i dipinti in pessimo stato ridotti esistenti nella Cappella della famiglia Innocenzi di Montenovo. Decadono appresso a questi i due altri quadri, che nel paese medesimo di

Sant'Elpidio lasciò. L'uno è quello colle Sante Lucia, e Maddalena, situato in un de' laterali del coro di Sant' Agostino, e l'altro nella Sagrestia della Collegiata col Protettore Sant' Elpidio.

Un buon lavoro del Lilli avevano gli Agostiniani di Civitanova, ma esso fu altrove trasportato nel 1809, allorchè quasi ogni paese perdette il migliore, che in questo genere avesse. Se fossero con più cura custodite s'osserverebbero con qualche sollecitudine tanto una tela col Battesimo di Cristo nel Duomo di Senigallia (32), quanto un' altra con l'Assunta nella Chiesa del Crocifisso

di Sirolo.

Aveva vissuto il Lilli in Roma fin oltre al 1596; da dove non partì, se prima non fu aggregato fra gli accademici di San Luca (33). Le prime opere, che fece al suo ritorno nella provincia sono le migliori; poichè scemarono di gran lunga le seconde per le domestiche afflizioni, che soffrì, e che diminuirono secondo il solito il vigore del corpo, e della mente; e se agli studj dell'arte applicato non avesse, più celere certamente sarebbe stato il sno fine; poichè il coltivare questi studj soccorre in molte triste situazioni di spirito, ed è il più possente sollievo contro le avversità della fortuna. Io stesso l'ho sperimentato nei momenti più disgustosi della mia vita poichè nell'applicazione dei detti studj, che al dire di Cicerone alunt, et oblectant etc. rinvenni conforto, e piacevole distrazione.

A Lilli dunque tornando narrerò, che in Ascoli si condusse. ed ebbe appena compiuto a dipingere due lunette del chiostro di Sant' Angelo Magno, che col cessare della vita, troncò la serie delle sue amarezze, contando l' undecimo lustro di sua età nell'anno 1610 (34). Il suo spirito ebbe compagno l'amico Vanni, che pochi giorni attese a seguirlo nella patria dei più.

Allorchè di Federico Baroccio ebbi a tenere discorso, non tacqui dell'influenza, che portò il suo nuovo stile anche nella Marca, aumentatosi colle pratiche usate in Roma, e qui in seguito riprodotte nel ritorno di molti artisti alle loro patrie per godervi specialmente le ricchezze riunite coi travagli eseguiti nella

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