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» non si potesse camminare, e per fine me li offro, e bacio le

» mani.

n Di Patrignone li 3 decembre 1625.

Desiderio Bonfini.

Lo stemma nei sigilli presenta un' aquila nella parte superiore; ed un lione nell'inferiore sovrastante un cimiero.

In un Mss. del 1723 dicesi che questi lavori furono eseguiti da Agostino Evangelisti Ripano, che visse contemporaneo, e che fece molti intagli di legno in Recanati, in Loreto, ed in altri luoghi della provincia. I documenti riportati smentiscono tale assertiva. Può supporsi piuttosto, che anche l' Bvangelisti presentasse nella medesima congiuntura i suoi disegni, ma ad esso realmente non si diedero a fare, che i sedili pel Coro, conforme meglio si riscontra da un Istromento del 24 giugno 1620 a pag. 55 ove leggesi Super secunda proposit: che a M. Agostilio Evangelisti se diono li sc. 300 per intero pagamento de banchi fatti nel Duomo senz'altra stima.

Inutili si resero le diligenze, che feci praticare nell'archivio comunale di Patrignone all'oggetto di rinvenire qualche altra noti zia relativa a quest' artefice. Sò soltanto, che questi discendeva dalla famiglia d'Antonio Bonfini, del quale parlammo altrove. È cosa certa, che la famiglia dei Bonfini, o fu originaria di Patrignone, o da Patrignone si trapiantò in Ascoli.

Panfilo nel suo libro de laudibus Piceni, parlando d'Antonio cosi s'esprime:

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"Hinc Patrignonum geminis aspergitur undis

Maenia in extrema condita Valle sedent.

» Ne fraudare velis proprio de nomine quenquam
Exiguas laudes non habet iste locus.

» His genitus fuerat parvis Antonius oris
Sydereos Patriam substulit usque polos;

"

» Nam bene de sacris meritus fuit iste Camaenis
Condidit Hunnora maxima gesta ducum.

"

(11) Maffei Paolo Alessandro. Raccolta di statue antiche, e moderne coll' esposizione a ciascuna imagine. Roma 1704 fig Tav. XCI. pag. 103.

Nella testa dell' Apollo sono ritratti i lineamenti della Regina Cristina.

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(12) La storia di questi Artisti è riferita dal Menicucci, quale biografia Massaccese è inserita, come altra volta si disse, nel Tom. IX. delle Antichità Picene dell' Abb. Colucci pag. 21 26

e 166.

(13) Idem.

(14) Colucci. Ant. Pic. Tom. VIII. pag. 152 e Tom. X

pag. 200.

Orsini. Guid. d'Ascoli pag. 451.

L'Autore del Saggio delle Cose Ascolane a pag. 436 cor'errore del primo, e scioglie l'incertezza del secondo, dicendo, che lo Sbringa fioriva nel 1650.

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Questo scultore, ed architetto fece parte degli accademici di San Luca di Roma.

(15) Zani. Encicl. Met. Tom. IV. Part. I. pag. 172. (16) Zani. Enc. Met. Tom. IX. Part. II. pag. 167.

ᎠᎥ questa famiglia visse nel sec. XV. in Sanseverino un Francuccio famoso nelle armi.

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(17) Dai Mss. Bartoli nella Biblioteca Silvestri di Rovigo. Lavorò costui molto, e male in Recanati.

(18) Marcheselli Francesco. Le pitture delle Chiese di RiRimino per la Stamperia Albertiniana 1754 pag. 38.

DEI PITTORI ESTERI

CHE HANNO DIMORATO NELLA MARCA D'ANCONA

NEL SECOLO XVII.

CAPITOLO XXI.

Ridotta la pittura a non avere altr'appoggio, ed altra guida, che

le idee più fantastiche, vedevasi ben difficile e lontano il suo risorgimento, quando all' impensata disunendosi gli artefici in due classi, ognuna un diverso partito adottò. Credettero i primi che a miglior condizione ridotta si sarebbe quest'arte, se tenendosi sulle tracce di Michelangelo Amerighi da Caravaggio, si fosse imitata la natura; non accorgevansi però, che costui ne degradava la sublimità, facendola servire ad azioni vili, ed ignobili; i secondi sostenevano non doversi gl' ingegni rimanere vincolati ad una servile imitazione, e che anzi la fantasia, il genio, l'istinto dovevano sopra ogn' altra cosa trionfare; Giuseppe d'Arpino era quello, che più d'ogni altro confortava questa parte. In mezzo a si fiero conflitto dolevasi amaramente Lodovico Caracci, che pei suoi lumi conosceva non essere alcuna delle vie, che praticavansi, quella, che alla verità conducesse. Dello stesso avviso era il Cugino Annibale, che mal sentendo il non meritato grido del D'Arpino, e del Ca ravaggio, rivolgendosi al suo Lodovico, presente Guido Reni, (che alla scuola del Fiammingo educavasi ) prese a dire:

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» Ben io saprei altro modo per mortificare Michelangelo. A quel suo colorito fiero vorrei contraporne uno affatto tenero. » Prend' egli un lume serrato, e cadente: ed io lo vorrei aperto, »ed in faccia. Cuopre egli le difficoltà dell'arte fra l'ombre della » notte: ed io a un chiaro lume di mezzo giorno vorrei scoprire i

più dotti, ed eruditi ricerchi: quanto ved' egli nella natura,

12

⚫ senza sfiorarne il buono, e il meglio, tanto mette giù: ed io vorrei scegliere il più perfetto delle parti, e il più aggiustato, dando alle figure quella nobiltà, ed armonia, di che manca l'originale.

Fu quasi voce d' Oracolo, narra Malvasia, questa d'Annibale, e correva intan to sollecito a porla in pratica.

Per lui levossi Guido a dare al corpo umano bellezza, e nobiltà di forme, ed alle teste le arie più luminose. Lodovico più sicuro ne' suoi pensamenti, a più largo stile, a più risoluta maniera guidava il suo Domenichino; ed all' Albano, ingegno sacro alle grazie più elette, segnava gli esemplari e gli argomenti più teneri, e vezzosi di Grazie, di Veneri, e di Amori; e questa scuola confortando all'imitazione del buono, e del bello, riconduceva i discepoli a venerare Raffaele ne dipinti del Vaticano, Coreggio in quelli del Duomo e di San Giovanni di Parma, Buonarotti alla Sistina, Tiziano nella sua Venezia, e Paolo ne' sontuosi e magnifici Cenacoli.

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Non stette lungo tempo l'Italia a conoscere gli ottimi risultamenti prodotti da questa nuova scuola; perciò a grandi lavori furono presto destinati i Caracci, e coloro, che le norme dei Caracci seguirono, Gareggiavano i pittori per essere adoprati ne' grandi dipinti, che si proponevano nella Chiesa di Loreto. Vi concorreva Michelangelo da Caravaggio, e ad esso era emulo Guido Reni vigorosamente protetto dal Cardinale Sfondrato. Forse a Guido avrebbe arriso la sorte, ma poichè il suo dolce carattere non avrebbe potuto tollerare l'asprezza, e la risoluzione, a cui condotto si sarebbe Michelangelo, se escluso fosse rimasto, pensò essere miglior partito seco lui comporsi, e dividere quell'opera. Quegli però ch'era bestiale, a mal senso prese l'offerta; e dilazionandosi il a lavoro per sempre nuovi dissidj, profittonne Monsignor Crescenzio, proponendo ai Fabbricieri un terzo, qual' era il Cavalier Cristofaro Roncalli detto dal paese ove nacque, dalle Pomarance; domestico di sua casa, e maestro de' suoi fratelli. Seppesi appena questa scelta, che l'Amerighi mandò uno de' suoi bravi di Sicilia,

perchè l' offendesse, e venuti fra loro alle mani restò Cristofaro con arma da taglio sfrisciato nel viso in modo, che finchè visse ne portò larga cicatrice (1).

Nel Territorio di Volterra è posto il paese, da dove provenne il Roncalli, ed i primi avviamenti nel dipingere tratti gli aveva dal suo Padre Niccolò. Andato poi ne più verd' anni a Roma, ebbe ivi opportunità di maggiormente perfezzionarsi nell'arte, e vi si occupò con onore. Frà le molte cose, che vi si veggono, ebbe altissima lode il gran quadro, che oggi esiste alla Certosa, colla morte di Anania, e di Saffira, oltre gli affreschi, che sono nel Laterano col Battesimo di Costantino (2). Non più in là del 1609. protrasse la sua dimora in quella Capitale, mentre condottosi in Loreto tutto dispose per dare principio ai dipinti della cupola. Diedesi pertanto a dipingere sopra gli archi minori del basamento in quattro storie per traverso gli Evangelisti, e ne piccoli fianchi degli archi dei putti a chiaroscuro in azioni scherzevoli. Sulle otto facce, che sorgono dopo la cornice, pose frà le finestre figure allegoriche. Nel fregio d'un risalto minore colori un arabesco, e sopra finse una cornice sovrapponendovi un parapetto di color giallo toccato d'oro, sul quale spiccano otto imagini di Dottori greci ritti in piedi, parimente di terretta gialla, oltre sedici putti nel d'avanti sospesi sull'ali, i quali sorreggono gli stemmi dei Papi, e dei Porporati, che protessero le grandi opere di questa Basilica; per ultimo nel maggior vano della volta rappresentò frà le nubi una musica d'Angeli partita in due Cori. Fra questi putti avranno forse a distinguersi quelli, che sui disegni del Roncalli ( che vel fece venire) dipinse Lorenzo Garbieri da Bologna allievo dei Caracci; di cui parlando Malvasia (3) narra" ch'egli li faceva senza cartoni e spolveri, guardando solo il modello, e quindi li coloriva con tanta risoluzione e facilità, che il Maestro stesso ne maravigliava. Non potette però il di lui merito farsi scudo alla gelosia, ed all' invidia de' compagni, poichè fatta fra essi strettissima lega, cominciarono a beffarlo, e neppur di ciò contenti, cattivo uomo per lo rappresentarono e al Maestro, e ai Provveditori della Chiesa;

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