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Essendo ancor giovane aveva l' usanza di fare lunghi viaggi a piedi. Divisò pertanto di condursi in Loreto, e ne intraprese il cammino, non avendo seco che una balestra, ed una cartella sotto il braccio, ove soleva ritrarre le belle viste a sollievo dello spirito, ed a riposo del viaggio. Allorchè fu presso Macerata incontrossi in un punto da cui ottimamente scorgevasi Loreto; si adagiò dunque sulla vetta d'un colle, e mentre quella veduta andava ritrattando, gli si fecero addosso molti ministri di giustizia, che lo catturarono, e lo condussero alla città, accusandolo che sotto pittoresca apparenza stesse a lavorare la pianta della fortezza. Se ne compilò il processo, e si ammise alle difese; ma per quanto ei facesse, i Giudici erano fermi nel volerlo reo, e poco mancò, che non fosse condannato alla pena della testa. Volle però la fortuna, che governasse allora la città di Macerata Monsig. Bandini nobile fiorentino, a cui raccomandatosi caldamente il Boscoli potè ottenere, che si domandasse di lui conto a Firenze. Si ebbe quindi contezza della nascita, e dell' abilità sua nella pittura e del suo pacifico carattere, cosicchè si conobbe che l'accaduto era effetto del caso, e sciolto dai ceppi, fu libero da ogni pena. (12) Intesa per tutta la città con molt' allegrezza la notizia, e fattiglisi d'intorno i Cittadini, pregaronlo a valer lasciare un contrasegno del suo sapere nel dipingere, che tanto encomiavan le lettere ricevute dal Governatore. Si dispose quindi Andrea a soddisfarli, e presto mostrò quanto valeva in una tela, che dipinse pel Duomo nella cappella dei Rossini, ove figurò in alto la Vergine col Putto atteggiato graziosamente, al basso un Sant' Andrea, che dimostra la di lui abilità nel ben disporre, e piegare de' panni, e San Sebastiano nel lato opposto, che lo dichiara intelligentissimo nel nudo.

A diverso partito si volse, allorchè ebbe poco dopo a dipingere una gran tela pel Cenacolo de' Padri Cappuccini; rappresen tando il convito di San Francesco con Santa Chiara, intromise frà la turba figure in attitudini sconcie e ridicole, degradando in tal guisa la sublimità dell'arte, e facendo in quel soggetto trionfare

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azioni ignobili (15), forse per meglio piacere al popolo, il quale riferisce tutto al senso dell'occhio e perciò loda le cose dipinte dal naturale, apprezza la vivacità dei colori, non le belle forme, che non intende, sprezza la ragione, non ha riguardo alla convenienza, e s'allontana dalla verità dell'arte, la quale a tutt'altro fine, fuorchè a questo è diretta. Richiesto in altri paesi della provincia, dipinse pel Duomo di Fermo il quadro colla Circoncisione (14). E nella Chiesa di Santa Maria Piccinina figurò affresco diverse storie della Vergine nell'alto. In quella della Misericordia di Sant'Elpidio due quadri colla passione di Cristo, pieni d'espressione. In Fabriano nella Chiesa del buon Gesù furono applauditi gli affreschi, ch' eseguì nella volta. Ma frà tutte queste cose, quella che a me apparve la più finita e meglio condotta, è un'imagine di San Francesco, che vedesi nella sua Chiesa nella terra di San Ginesio (15), disegnata appunto in quella guisa, che sapeva adoperare talvolta, e che sommamente piacque a Cristofano Allori, il quale alle di lui invenzioni spesso ricorse per eseguire le cose sue, che poi colorite com'ei sapeva, acquistarono sempre maggior pregio. Se il Boscali lusingato da quell'estrema facilità, che aveva nel dipingere non si fosse condotto nell'esecuzione de' suoi quadri in una maniera troppo sciolta, e risentita, discostandosi talvolta dal naturale, per cui le pitture sue appariscono alquanto crude, desse sarebbero ora reputate ugualmente, che quando le fece. Sebbene poi fosse da ciascuno qui apprezzato e riverito, non potè rinunziare alla patria ne il lungo suo vivere frà noi fu sufficiente a diminuire il desiderio, che aveva di tornarvi; perciò direttosi a Firenze ivi dopo pochi anni morì (16). Se dei due lodati artisti non ci rimase, che il vantaggio procuratoci col ritornare a nuova vita quest' arte nobilissi

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gli altri, de' quali ci faremo a parlare, lasciarono co' monumenti dell'arte anche le loro ceneri onorate per tenerne sempre più viva la memoria, e la gratitudine, e per eccitare l'altrui diligenza nell' imitarli.

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Ardente di gloria fu Emilio Savonanzi da Bologna, che non dell'istruzione, che riceveva da suoi Maestri, cercava

sempre nuove scuole, per rinvenirne una, dove s'imparassero precetti capaci a frenare la voglia grandissima che aveva d'apprendere. Applicò alla pittura sotto il Calvart, praticò il Cremonini, quindi passò alla scuola di Lodovico Caracci, a quella di Guido, all' altra del Guercino da Cento, ed in fine frequentò in Roma lo studio dell' Algardi. Per tali vie fecesi buon teorico, e seppe riunire in tal modo i varj stili, da potersi chiamare da se medesimo il pittore di più pennelli. Finalmente ad una delle intraprese maniere specialmente dedicossi, e la Guidesca in lui per lo più prevalse. Sono pertanto derivate da questa lodata maniera le opere, che condusse in Ancona, allorchè stazionò in quella Città. E a non dissimili tracce si tenne, allorquando ad insinuazione del Cardinal Giori fu condotto da Andrea Sacchi in Camerino, per operarvi diversi affreschi nel Duomo, dipingendo nella volta parecchie storie della Vergine, e ad olio il quadro principale con l'Annunziata. Indi a maggiormente decorare la cappella di Sant' Ansoino figurò nelle pareti la prigionia, ed il martirio di San Pietro; opere che per la maggior parte perirono colla Chiesa nel terremoto del 1799, e che noi non possiamo ricordare per eccellenti, che sull' altrui fede.

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Mentre era il Savonanzi occupato nei lavori del Duomo strinse amichevole relazione con un mediocre Pittore chiamato Parentucci, e frequentando la di lui casa, e conosciuta una di lui Figliuola bella, e virtuosa la richiese e l'ottenne in Moglie, e quindi non più si diparti da Camerino, per secondare il genio della Consorte. Parrebbe, che la nuova sua dimora avesse dovuto rendere meno attivo il suo pennello, poichè le Città di provincia non soglino essere teatri capaci a dare il miglior risalto al merito d'artefici di nome. Ciononostante impegnossi Camerino di somministrargli tanto lavoro, da non diminuire l'operosità cui era da sì lungo tempo accostumato. Molte cose sue vi si vedono, ed anche i vicini paesi fecero a gara per averne lavori nello stile, che a que' giorni formava compiacenza di tutt' Italia. Molti quadri fece per Fabriano ad ornamento delle Chiese, e delle case dei privati; una tela con un San Filippo

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fu da lui dipinta pel maggiore altare della Chiesa nuova di Matelica. Da Perugia ancora gli sopravenivano ordinazioni, e dicesi che per i Baldeschi facesse un quadro colla storia di Sara, quando l'Angelo gli predisse prole. Pel Duomo di Senigallia esegui due tele, in una delle quali, da collocarsi nell'ottava cappella, rappresentò i Santi Francesco, e Domenico oranti, ed in essa avvicinasi molto al gusto dei Caracci. L'altra è quella con l'Annunziata, che i Baviera trasportarono nel loro palazzo, essendo prima rimasta nella cappella gentilizia in Duomo.

L'avvenenza dei volti, che accompagnava sempre le opere uscite dal pennello di Guido, fu presa ad esempio da Emilio, alorchè ebbe a dipingere per Monsignor Marazzani Vescovo di Seaigallia la Circe, la Porzia, l' Artemisia, e l'Arianna: quadri, che di presente trovansi in un palazzotto di Villa di questi Signori (17).

Bologna non lo dimenticò benchè lontano, ed i Zambeccari lovendo decorare la loro cappella di famiglia nella chiesa di San Barbaziano, lo richiesero d'una tela, in cui espresse la Vergine, che trafitta dal più intenso dolore contempla i misteri della Passione del Figliuolo. Quest' opera, che oggi esiste nella chiesa del Corpus Domini (18) sente in qualche parte del Guidesco, scevro però dal difetto d' una grazła forse troppo studiata, che derivò non di rado dall' osservazione delle opere dei pittori non sempre seguaci della vera grazia.

Uno spirito esercitato supera il peso dell' età, e le afflizioni del corpo, e poichè le arti specialmente hanno attrattive si portentose da rendere meno sensibili i danni non mai disgiunti dalla umana natura, così in Savonanzi vediamo ripetuto quello, che di Tiziano narra la storia. Toccava esso al pari di Tiziano l' ottantesimo anno d' età, e dipingendo per la chiesa di San Carlo di Camerino una tela di tredici palmi d'altezza con ben' ordinata composizione, avvertiva non essere ancora in lui del tutto spenta l'ultima favilla, che sostiene l'estremo della vita.

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Al di lui merito nell'arte, ed ai molti esercizi cavallereschi,
Tom. II.

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cui aveva atteso in special modo ne verd' anni del viver suo, riuniva tanta saviezza, e virtù, da formare l'esempio, e lo splendore di questa sua nuova patria.

Ai soggetti de' suoi quadri non servirono, che argomenti capaci ad insegnare il buon costume con un metodo più corto e più facile di quello de' filosofi; infatti diceva Aristotale, che si trovano pitture adatte a correggere i viziosi, come precetti della più fina morale, ma che l'uomo è scosso più fortemente dagli oggetti, i quali colpiscono gli occhi, che da quelli i quali si percepiscono per l'udito, come trovasi scritto in Orazio

Segnius irritant animas demissa per aures

Quam quae sunt oculis subjecta fidelibus.

Dal che deriva, che chi vorrà rendere utile l'arte, ch' esercita, come la resero gli antichi, conviene che a questo scopo dirigga assolutamente le sue fatiche.

Non fu gran fatto diversa la cagione, che trasse in questi luoghi anche Claudio Ridolfi, invitatovi specialmente dalle attrattive d'avvenente e virtuosa donzella, che divenutagli sposa, ebbe tanto potere sull' animo di lui da fargli dimenticare le comodità, e i vantaggi della bellissima Verona; ov'era nato, per vivere invece in una terra della Marca.

Aveva il Ridolfi già ottenuta in patria ottima opinione di se, esercitandovi l'arte di dipintore, che appresa non aveva, come taluno disse, da Paolo, ma bensì da Dario Pozzo autore di poche ma degne opere (19). Non è a credersi, che ciò ch'ivi fece alla maniera di Dario somigliasse, anzi neppure a quella del Cagliari corrisponde; e perciò ci sembrò emulatore dei Bassani, anzi per indicarlo tale, basta un' Assunta, ed un San Carlo che sono nel Duomo di Verona. Chi poi meglio convincer se ne volesse vegga due tele, una con l'Annunziata, e l'altra colla circoncisione di Cristo, che con ottimo indentimento i Veronesi collocarono in una delle sale del così detto palazzo dei signori, giacchè col sopprimersi

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