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negli ornati. Non è a sorprendere, se oggi riescono que' lavori alla vista troppo piccoli, in quanto furono eseguiti per ordine del Cardinale Pio da Carpi, che li volle allogare nella Cappella della Natività, da dove rimossi si stabilirono nel luogo, in cui sono, senza considerare che l'ampiezza della Cappella medesima avrebbe diversamente richiesto (14). Vuolsi, che dal medesimo Cardinale fossero a Girolamo allogati sei Candelabri, e questi, dice Baldinucci, (15) erano alti tre braccia circa, pieni di figure tonde di getto, opere eccellenti. Che di poi ne avvenisse non ci fu dato il saperlo. Vedesi però ancora un Tabernacolo di marmo, che a simiglianza di altri che si fecero ne' vecchj tempi ebbe forma di tavola lavorata, ed esistette nell'altare della Natività, così detta da Baldinucci, che la indicò anche mensa, e che in fine a Giovanni Angelita piacque denominare icona, aggiungendo esser' essa cosa molto bella. È sono in vero graziosi e ben intesi quegli Angioletti di più che mezzo rilievo, che vi si veggono (16).

Sarebbe forse piaciuto al Lombardi il dare opera anche alla porta principale del Tempio, ma o si trovasse già stanco dalle sostenute fatiche, o volesse dare a conoscere che la sua virtù cra anche trasfusa ne' suoi figliuoli, volle, ch'essi dessero mano a quel lavoro con sua direzione, e da essi eseguito riuscì quale poteva attendersi da colui che tanta fama erasi ovunque acquistata. Quattro figliuoli aveva seco Girolamo ch' ebbero nome Antonio, PiePaolo, e Giacomo; e a ciascun di questi divise le imposte della Porta, dando a tre i partimenti, e all' altro que' framezzi d'opere minori e più minute; le quali furono anche contornate da fregj composti di satiri, arabeschi, viticci, ed altre fantasie fra piccole teste di Sibille e Profeti a tutto tondo. Si figurò nel superiore partimento la creazione della terra, e dell'uomo quello di mezzo la cacciata de Padri nostri dall' Eden, nell'ultimo il fratricidio commesso da Caino (17).

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Non si ebbe appena compiuto l' indicato lavoro, che Girolamo condusse in metallo quella statua di Nostra Donna, che si collocò nella nicchia sopra la porta maggiore della facciata della Chiesa,

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d'arte.

e fu l'ultima opera, che ivi si facesse (18). Framezzavansi questi lavori con altri, che gli si commettevano o da Cittadini, o da Stranieri, per cui la città di Recanati divenne in quel tempo, come osserva il Conte Cicognara (19) un' emporio d' opere Fece il lodato Scultore per Fermo un Tabernacolo in bronzo (20), ed un'altro se ne spedì a Milano dopo morto il Papa Paolo IV., e stassi ora nel maggior altare del Duomo al di sotto di quello di Francesco Brambilla (21). Ma più che queste cose dovette occuparlo lungamente il battistero, che fuse per la città di Praga, commissione affidatagli forse allorchè si recò a visitare il Santuario qualche illustre Personaggio della Germania (22).

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Riconoscente la Città di Ascoli de beneficj, di che giovolla il sommo Pontefice Gregorio XIII., a cui aveva debito di restituito dominio di Terre, e Castella, e di confermati privilegj, decretò, che a renderne eterna la memoria fosse gettata in bronzo una statua di quel Pontefice; e a meglio soddisfare questo savio divisamento ne allogarono l'impresa a Lodovico Lombardi, obbligandosi Girolamo d'assistere il fratello, perchè il lavoro riuscisse di piacere a que' Cittadini, e di onore ad esso ed alla sua famiglia. Se nè stabilì il contratto coi Deputati il dì 17 novembre del 1573 (23); dopo tre anni diessi compimento all' opera (24), e del tardo progredire devesi accagionarsene il deterioramento, in cui decadde la salute di Lodovico (25), ravvisandosi il tutto dalle memorie, che fino al dì d' oggi si conservano nell' archivio segreto della Comunità di Ascoli. Fu la statua innalzata a capo della piazza del popolo il dì 24 luglio 1577, ed era pontificalmente vestita con in testa il triregno, seduta in nobile seggio pure di bronzo in atto di benedire; figura bellissima e vivace sommamente ed espressiva. Era decorata da squisiti ornamenti, da bassi rilievi diligentemante istoriati nel cappuccio del piviale, tritoni nella sedia e draghi insegna dei Boncompagni ), che colle ali e colle loro teste venivano a formare i braccioli della medesima sedia elevata su di un piedestallo di pietra tutto intero di un pezzo e bene ornato, ove leggevasi un' analoga iscrizione (26).

Una tale statua il giorno primo di decembre del 1798 fu ridotta a pezzi, e derubato il bronzo a cagione di repubblicano tumulto (27), e per tal cagione noi perdemmo un monumento prezioso di patria riconoscenza, e di onore alle arti: ma fosse stato il solo, che perisse in quei turbolenti giorni di politica effervescenza! A parecchi de' descritti lavori dovette anche dar mano il fratello Aurelio, che Vasari nominò Alfonso, allorchè lo lodò per

le

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sue statue a rilievo, che fece nell' arco di trionfo costrutto da Amico Aspertini presso la porta del palazzo pubblico di Bologna, per onorare l'ingresso dell' Imperatore Carlo V. Era costui al dire del sunnominato Vasari (28) valente uomo in cose di getto. ma pochissimo si ha di esso tanto in Loreto, che nella provincia, trattandosi che pochi anni vi rimase, essendo morto in Recanati giorno 9 di settembre del 1563; così avvisandoci l'epigrafe esposta nel suo sepolcro eretto nella chiesa de' Padri Minori Osservanti di detta città (29).

Fra i discepoli, ch' ebbe il Lombardi deve primieramente annoverarsi Antonio Calcagni, come colui, che più d'appresso lo imitò, e le opere, che fece possono talvolta confondersi con quelle del Maestro, tanto hanno d'eleganza, di grandezza di stile, e d'intelligenza nelle parti del disegno.

Nacque quest' artista in Recanati il 18 decembre del 1536 da Bernardino, e da Minerva Paolini. Nei primi anni di sua vita rimase orfano di Padre, e mostrando fino da quel tempo inclinazione al disegno, la Madre sollecitamente l'indrizzò alla scuola dei Lombardi, dove vedendo Girolamo qual frutto potevasene ritrarre pose ogni cura per bene coltivarne l'ingegno. La prima cosa, ch'egli fece, dicesi fosse una Madonna con un San Giovanni in stucco, che venne in mano del Cav. Agostino Filago, e non fu appena conEsiderata, che il Calcagni si riconobbe dal Maestro abile a passare dalla plastica (30) ai lavori di getto, ed un de' primi fu il busto del Commendatore Annibal Caro allogatogli da quelli di sua famiglia: lavoro, che se si conservasse, direbbesi preziosissimo tanto pel

merito artistico

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contemporaneo, che giova credere cogliesse nella vera imagine di si chiaro soggetto; ma Civitanova non conserva che la gloria di aver dato la culla a quest' uomo insigne (31). Allorchè il Calcagni si vide provveduto, ed onorato con questa, e con molte altre opere, che fece pe' suoi concittadini e per altri, che lo ricercarono, fra le quali disse l'Angelita che facesse pel cortile del palazzo ducale di Venezia una delle bellissime bocche di bronzo, che sono nelle cisterne, benchè quelle opere non furono sue, quanto hanno ambedue il nome dell'artista, essendone una fatta nel? 1556 da Niccolò di Marco de' Conti da Venezia, e l'altra nel 1559 da Alfonso Alberghetti da Ferrara) pensò di separarsi da fratelli, e di prendere in moglie donna Laura figlia di Girolamo Buonamici, il che avvenne nel 1552. Scorso un anno dal suo accasamento, e consumato anche questo in lavori, che gli acquistarono sempre maggior credito, dicesi da Baldinucci (32) che fosse ad esso allocata da cittadini Ascolani quella statua di Papa Gregorio XIII., che già vedemmo compiuta da Girolamo Lombardi. La relazione, che dà lo stesso storico di nn tal lavoro sembrami rimanga contradetta dai documenti, che conserva l'archivio Ascolano, e solo a sostegno di simile asserto potrebbe dirsi, che essendo morto Lodovico prima che la statua fosse condotta al suo termine, Antonio ajutasse Girolamo, che era vecchio e di mal ferma salute, e che lo stesso suo Maestro permettesse, che le attestazioni di lode fossero fatte ad Antonio; giacchè col trovarsi egli presso il finire di sua vita, ed essendo per natura assai modesto, non curava più simili cose. Se non fu per altro opera sua la statua anzidetta, sono tanti i lavori, che per esso si fecero nel breve corso di sua vita, che pochi esempj abbiamo di altri artisti, che l'uguagliassero tanto nella quantità, quanto nell'importanza delle commissioni, frà le quali ricorderemo il bellissimo altare della Pietà, che fece per la Chiesa di Loreto.

Barbara Massilla da San Ginesio moglie un tal Gregorio uomo di grandi facoltà udendo che garregiavano molti cospicui Persopaggi nel fare cappelle nella Chiesa di Loreto (33) risolvette

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d'impiegare ricco valsente per costruirne una, e nè affidò l'impresa ad Antonio Calcagni, col quale venne stabilito il contratto il giorno 12 gennajo del 1578 (34). Immaginò l'artista in una tavola di palmi otto e once nove di lunghezza e sei di larghezza la storia di Cristo deposto dalla Croce in forma ovale, ed intorno fecevi una cornice di buon lavoro. Dai lati di essa storia sono due termini in figura di donna. Nei quattro angoli vedonsi fogliami rabescati di ottimo rilievo, e sopra i detti termini collocovvi capitelli, architrave e fregio, nel mezzo del quale è un fogliame di gran rilievo, e al di sopra il frontispizio con una cartella entro la quale le lettere ecce Homo; d'apprcsso due graziosi puttini. Al disotto dei termini sono le sue basi, e piedestalli tutti lavorati in basso rilievo in mezzo, cioè fra un piedestallo e l'altro v'è una cartella con putti, che si converte in fogliame di gran rilievo, nella cartella suddetta sono le lettere Homo Deus. Nella sommità della lodata opera sono riportate tre figurette, cioè sopra il frontispicio, delle quali figure quella di mezzo è l'imagine di Nostro Signore risorto con un angelo da ciascun lato, che sono di tutto rilievo di tre palmi di altezza. Nei muri laterali veggonsi quattro ritratti, dove l'artista effigiò Gregorio Massilla, Antonio Rogati, Ginevra Massilla, e l'ordinatrice Barbara, e scorgonsi si vivi, che meglio non si saprebbero fare. Si trovarono presenti alla fusione de' bronzi il pittore Federigo Zuccheri, e Monsignor Gregorio Casali, ch' era in quel tempo Governatore di Loreto (35). . Per tal' opera ricevette Antonio a buon conto di sue fatiche otto cento scudi, una certa quantita di metallo, ed una piccola casa in Recanati. Non essendosi però con questo creduto compensato abbastanza il di lui travaglio, allorchè fu morto Calcagni, gli ere

di

mossero lite ai Massilla, e dai Giudici furono inviate lettere al Cav. Roncalli detto il Pomarancio, che dipingeva in quel tempo in Loreto, onde scegliesse intendenti, che determinassero il valore dell'altare. I primi a chiamarsi furono un Lodovico di Cefalù, ed un Antonio Fusini, che l'apprezzarono piastre due mila, e poper nuova commissione chiamaronsi allo stesso oggetto Paolo

scia

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