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Per una medaglia, che conservava nel suo museo loda co- ། me eccellente nell' arte del conio il chiarissimo Mazzucchelli (74) un Vincenzo Giovanni Calamanzia da Macerata. Vedevasi da una a parte della medaglia il ritratto di Giulio Cesare Rossini parimente di Macerata, che fu Vescovo d' Amalfi nel 1587, (75) e nel rovescio un cervo in campestre paese, sotto a cui scrisse l'artefice il proprio nome. Fu questo Calamanzia oltre coniatore di monete e di medaglie, anche buon pratico in altri lavori al getto, ed all' orificeria appartenenti; percui può credersi che anch'egli facesse parte di quell' applaudita e numerosa scuola che vantava Recanati, della quale pur troppo non ne rimane oggi che la memoria per le opere, che ancora si conservano in Loreto. Ci vogliano occasioni per formare gli uomini. Ce nè fu una in questo secolo, ma più non si riprodusse, e così essendo, si anzidetta; poichè non vi furono più uomini, che si dessero animo ad esercitare un'arte, che non può reggere, se non è assistita e protetta dai ricchi, e dai grandi.

spense

la scuola

Se finora non parlammo che di opere, che per la materia con cui si formarono, pe' soggetti che vi si scolpirono, e pe' luoghi ove si collocarono ebbero l' estimazione de' contemporanei, e le lodí successive, non sarà discaro il ricordare in fine di questa nostra narrazione di un Concittadino, il quale adoperando pe' suoi lavori materia ben diversa, trattandosi che solo in stucco compose, le pure opere che vi fece gli acquistarono altissima rinomanza. Fu questi un Mario Capocaccia d' Ancona, il quale siccome dissero tanto Vasari (76), che Francesco Ferretti (77) ebbe tanta industria di sculpire, e colorire ritraendo dal naturale in stucco non sola mente imagini di persone (fra le quali si dissero bellissimi i ri tratti di Papa Pio V., e del Cardinale Alessandrino); ma intier storie con sottile invenzione ed arte mirabile. Imitavano i ritratti ch'egli faceva il colore delle carni, delle barbe, e delle capiglia ture or bianche, or nere, ed or castagne. I panni avevano spess fregj e dorature, ne mancano di quelli in figura di donna, ch hanno ornamenti di perle e cose rilucenti. E per dir 'tutto

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lai giacche vidi non solo qualche ritratto, ma anche storia a più figure) avvertirò, che tali stucchi egli componeva con cera, termentina, e fiore di calce, cose tutte ben note anche ai plastici d'oggi di; e ciò sia di prova, non esser vero quello, che il più delle volte dicesi, che col perdersi la cognizione d'antichi impasti, e col non ritrovarsi più una materia, sulla quale i nostri antichi lavoravano, avvenisse la perdita di qualche arte. Nè sappiam' noi al pari di loro, e forse anche più per le molte scoperte, a cui c'indrizzarono i progressi della fisica, e della chimica; ma quello di cui si manca è un gusto corretto ed esquisito, ch'era allora in pratica. Decadde questo, allorchè pretendemmo di trasportare l'arte al di là dei confini della natura, ed in tal guisa operando s'adottò il manierismo, i cui danni purtroppo avremo a conside are proseguendo in questa nostra narrazione

NOTE

E DOCUMENTI.

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(1) Cinelli le bellezze di Loreto Mss. avverte Alle relazioni, che dà Vasari, e Baldinucci circa gli scultori, che furono impiegati nella Santa Casa, deve aggiungersi sulla testimo» nianza del Serragli, che molti furono gli artefici della provincia, che si unirono a questi Maestri in tal lavoro, ma che non avendo avuto stipendio veruno non se ne trova registro nei libri della computisteria, ai quali ebbe specialmente ricorso il Serragli, che fu fratello di uno, ch' era impiegato in quest' uffi» cio, per cui non ne sappiamo i nomi.

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(2) Oltrechè Vasari la chiama Divina, dice che tanto del buono sparse per questa scultura l'artefice, che non si saprebbe mai lodare tanto, che fosse abbastanza. » Ed essendosi ricordato di lei, allorchè scrisse a Martino Bassi per la risaputa questione mossa da esso Martino sopra una tavola di marmo colla Nunziata posta al Duomo di Milano (Dispareri in materia d'architettura et prospettiva. Con pareri di eccellenti, et famosi Architetti, che si risolvono di Martino Bassi Milanese In Bressa Francesco, et Pier-Maria Marchetti Fratelli 1572 pag. per 48) disse « credere, quant' a se, che chi avesse voluto durar fati» ca a trovar per quella qualche bel casamento l'avrebbe dovuto » fare come fece il suo Andrea Sansovino a Loreto nella facciata d'innanzi alla Madonna: dove l'Angelo, seguì a dire Vasari, accompagnato da altri che volano, e sono a piè, e la nuvola in aria piena di fanciulli, fanno un vedere miracoloso con quello Spirito Santo.

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D

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(5) Vi fu chi le soppose opere del Sangallo, di Raffaelle da Montelupo, e del Tribolo; ma tal menzione non fassi da chi la vita di questi scalpellatori scrisse.

(4) 11 Baglioni dice, che uno de' motivi, pe' quali il Cav della Porta operò poco in Roma fu perchè venne a lavorare alla S. Casa di Loreto.

(5) L'autore dell'indicazione al Forastiere in Loreto (Ancona pel Sartorj 1824 pag. 24) avverte col Baldinucci, che Girolamo lavorò forse anche le altre, che non hanno nome di sicuro mae stro, dovendosi però dire, che due di queste statue furono esegur te da Francesco-Aurelio fratello di Girolamo Lombardi, ed una di quelle due, che si aggiudicano ai Fratelli della Porta s'ignora quale propriamente sia quella di Tommaso. Il Vasari disse queste

statue abbozzate dal Sansovino, e che una soltanto ne fini intieramente (Vas. Tom. II. pag. 121), ed aggiunse, che una di queste statue posta a levante fu di Simone Cioli. (Vas. Tom. III. pag. 556) ma non vuolsi tenere celato, aver poi detto lo stesso Vasari in altro luogo, che Girolamo Lombardi fece tutte queste statue, salvo quella, che nominammo eseguita dal Cioli) e più avanti anche disse, che potè farle da se solo (Tom. III. pag. 832). (6) Il Vasari ( Tom. III. pag. 491) Li dice fatti con bellissimo artifizio, e con graziosissimi intagli meritevoli d'ogni lode; alla pag. 318 del Tom. II. non dubitò di chiamarli DIVI NISSIMI.

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(7) Narra il Serragli, che la statua col Davidde fu particolarmente ammirata da Carlo V., allorchè si condusse a visitare il Santuario, lo che avvenne nel 1530, secondo racconta il Torsellino (Lib. II. Cap. XXIV. ).

Vasari Tom. II. pag. 122.

Secondo il detto Vasari ( Tom. II. pag. 121).

Dicesi dal Murri, che il principio, anzichè il fine di questo quadro fu del Aimo, e ch' esso venne perfezionato dal Tribolo, e dagli altri nominati dal Serragli, che all' Aimo dà pure il cognome di Lamia; ed io credo meglio questo scambio nato facilmente anche da errore di stampa) di quello ch' ei volesse indicare altr' artefice; vedendo, com' egli chiama il Lamia Domenico, e lo dice Bolognese, quale infatti fu L' Aimo; per cui il Vasari l'appella il Bologna. Un Domenico Lamia però scultore di quella patria non si nomina, che io mi sappia, ma bene si nomina Domenico Aimo e si scrive che lasciò opere di scalpello nel nostro Santuario « Domenico d'Aimo cognominato il Varignana, le cui opere di marmo si veggono parte .. e nel nobil Tempio di Santa Maria di Così Fra Leandro Alberti ( Descriz. di tutta

in Roma

Loreto

Italia

pag. 328),

pag. 618.

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Antonio di Paolo Masini Bologna perlustrata

Vedi ancora il Bumaldi

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Minervalia Bonon. Civ. anademata, seu etc. pag. 355. Ved. Guida di Bologna 1826. Rell indice.

pag.

30.)

(10) Guida di Loreto - (Ancona 1822 Cinelli. Le bellezze di Loreto Mss. (11) Dice Baldinucci ( Tom. VII. pag. 220) essersi ordiato da Clemente VII., che in luogo del Sansovino si conducesse Loreto come primo scultore Niccolò de' Pericoli detto il Tribolo Fiorentino, e questo gli fu comunicato da Antonio da S. Gallo, che soprintendeva alla fabbrica.

Inviatosi il Tribolo a quella volta in unione alla sua famiglia, condusse molta gente perita nell' arte, e fra questi Girolamo Lombardi, e Frate Aurelio suo fratello.

(12) Calcagni Pad. Diego - Memorie storiche della Città di

Recanati

Recanati.

pag. 256.

Angelita Giovanni Francesco.

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Si ha per tradizione, che i Lombardi lavorassero nel sotterraneo di una casa dirimpetto al giardino dei Sigg. Conti Leopardi. Tal casa appartiene oggi ai detti Signori, e vi si trovarono fino a questi ultimi tempi spume, e scorie di metallo. La casa poi dove abitò Girolamo colla sua famiglia in Recanati rimaneva nella contrada detta borgo mozzo, ossia borgo muzio dietro la Chiesa di S. Vito

(13) Queste porte furono fatte nel pontificato di Paolo V. II Vasari non parla di esse. Le dice però di Girolamo il Baldinucci sulla fede del Serragli, e del Torsellino ( Lib. IV. Cap. XIV e Giovanni Francesco Angelita le disse stare al pari di qualsivoglia opera simile di qualunque artefice sia stato , o sia per essere giammai; ma tal suo modo di lodarle fu in vero troppo eccessivo.

(14) L' Angelita riferisce, che la lampada, ed i cornucopj, che il Lombardi fece furono tenuti per opera maravigliosa, ed

inestimabile.

Calcagni loc. cit.

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stor.

ma

(15) Degni di tutta l'ammirazione nel Santuario di Loreto, disse il Conte Cicognara, sono anche certi candelabri figurati ed ornati, dell' altezza di braccia_tre per ciascuno della scultura Ediz. di Prato Tom. V. pag. 349 così non dovette scrivere perchè detti Candelabri non ricordati, che da Vasari Tom. III. pag. 556 e da Baldinucci Tom. V pag. 114) vedesse egli propriamente, ma sovvenendosi di averne letto nei soprascritti l'asari, e Baidinucci. Oggi di sicuro non appariscono in veruna parte del tempio.

(16) Questa tavola di marmo, che il Deseine ( Tom. II. pag. 11) indicò come dipinto, e non come intaglio, esiste oggi in una delle quattro Sagrestie volte alle cantonate della S. Casa (17) Ebbe il Lombardi sono parole di Baldinucci ) quattro figliuoli Antonio, Pietro, Paolo, e Jacopo, i quali tutti attesero alla scultura, ed al getto Cosi nel Tom. V. pag. 105: ma nel Tom. X. a pag. 104; disse, che operarono la porta mag giore soltanto Paolo, e Jacopo; tacendo così di Pietro cone di Antonio. Il lavoro, che questi fecero rimase a pagarsi dopocchi fu morto il loro Padre, ed anche Antonio il primo dei figli, così Pietro, Paolo e Giacomo е Maria Vedova di Antonio, no che Francesco figlio del suddetto, tutti elessero per peritare detta porta Sebastiano Sebastiani da Recanati esperto scultore come da istrumento rogato in Recanati da Benedetto Botani del aprile 1590 esistente nell' archivio di detta Città.

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