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Se pertanto i non sempre uniformi modi di dipingere ci rendono incerti del magistero esercitato dall' Albani sul Compagnoni, non avremo egual dubbiezza per altro concittadino.

Vedremo infatti riprodotte nel tempo stesso nella Marca le opere di questo graziosissimo artista da un Girolamo Bonini d'Ancona, il quale nell' imitazione Albanesca da pochi fu raggiunto, e nella confidenza, ed amicizia col suo Maestro avanzò ciascun altro de' suoi scolari (12). Sembrava infatti all' Albani di mancar di vita, quando sostenuta non fosse dal suo Girolamo. Quando l'amore parte dai sentimenti, che animavano questi due Artisti, forma l'amabilità, e la bontà che deriva e da questa, e dalle altre virtù inspiranti dolcezza, umanità, e compassione, costituisce la qualità essenziale di coloro, che attendono all'esercizio delle belle arti, come l'eccellenza lo è delle opere loro; questa bontà avendo un intima relazione, anzi una necessaria affinità colla bellezza, diviene un mezzo efficacissimo per gli artisti, e li privilegia di una specie di divinazione, per discoprire, e ritrarre la bellezza medesima, e le sue più squisite, e riposte attrattive. La tela del Bonini tuttora esposta nel Reale Museo di Parigi (13), ove ad un Cristo flagellato fanno corona Angioletti, che piangono lo strazio, a cui l' ingratitudine degli uomini condannò il Salvatore Iddio, è uno degli esempli più convincenti del merito di questo pittore nella parte meccanica, e più nella vera conoscenza del bello ideale, cui conviene ricorrere, allorchè la religione ci comanda di venerare enti, della cui figura non trovasi tipo, e di ammirare avvenimenti straordinarj e soprannaturali. Se veduto tale dipinto si vorrà conoscere quanto all' Albani il Bonini si avvici nasse trattando argomenti da produrre affetti a questo diversi, ce ne porgerà occasione un grazioso quadretto posseduto dal negoziante Giuseppe Vallardi di Milano (14), dove espresse un Gesù Bambino in mezza figura dell' età di tre in quattr' anni, coperto bi bianca tunica in atto di benedire, e dove altresì è apertissima la grazia, senz' essere disgiunta da quella dignità tutta propria del soggetto, che si rappresenta.

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Ebbe in fine largo spazio di mostrare Girolamo la sua abilità, quando dal Cardinal Girolamo Farnese Legato di Bologna fu invitato a dipingere in quel pubblico palazzo una sala, che per la magnificenza, e la squisitezza delle opere, che vi si fecero, ritenne il nome del Porporato, che le propose. Furono molti gli artisti che vi s'impiegarono, ed al nostro Bonini fu commesso di figurare fra due finestre l'adorazione, e processione che fecero i Bolognesi coll' imagine di Nostra Signora del Monte della Guardia nel 1433 per decreto del Vescovo Niccolò Albergati, in gratitudine di ericuperata serenità dopo dirotte pioggie e disertanti gragnuole (15).

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Nella parte inferiore vedevasi quanto la pietà, e la magnificenza Bolognese trionfasse in quell'avventurosa circostanza, e nella superiore, ad esprimere la parte più propria del miracolo, fece spaper l'aere Angioletti tutti solleciti nello scacciare spiriti impuri, che dicevansi fomentatori di que' flagelli, mentre altri seduti sull'arco di pace spargevano nembi di rose, qual segno di ricuperato sereno. Ed è veramente a rammaricarsi, che sì bell' opera abbia tanto sofferto, da non potersene ritrarre, che con difficoltà le antiche tracce. Sopravvisse il Bonini al suo Maestro, tenne studio in Bologna ed a conforto del doloroso distacco ne dipinse l'imagine prendendola da un disegno di Francesco Mola, di cui Picart esegui poi l'incisione in rame (16).

Pel gentile grazioso dipingere assomigliò al Bonini un'Alessio Consalvi d'Arcevia, che per le Madonne scelte a continuo soggetto de' suoi quadri, venne chiamato il nuovo Sassoferrato. Michelangelo Dolci, che descrisse i dipinti Urbinati lodò di costui due quadretti di sagre Famiglie, l'uno presso i Viviani, l'altro presso i Croci (17).

Ad una maniera forte e risoluta educossi sotto la disciplina di Simone Cantarini il Pesarese Giovanni Peruzzini, che poi si disse di Ancona, mentre trasferitosi in questa Città l'adottò per patria.

Non fu sempre eguale a se stesso, poichè col molto dipingere quà e là, per i Teatri e per le Chiese, trascurò alcuna volta lo studio, e la diligenza. Si sostenne piuttosto per le cognizioni di

prospettiva, che per il corretto disegnare. Le cose sue mostrano in generale facilità, spirito, e vaghezza; non di rado partecipò più dei Caracci, che dello stesso Simone, non esclusa qualche opera, che sente del Baroccesco, come appunto sarebbe una Santa Teresa nei Carmelitani d' Ancona, nella quale a strana e bizzarra composizione riunì un tingere così diverso dalla maggior parte de' suoi quadri, che non si direbbe opera sua, se le memorie della Chiesa, è della Città non l'accertassero (18).

Anche a Pesaro vedesi un quadro presso i Gavardini colla Vergine in gloria, ed al basso i Santi Carlo, ed Agostino, al cui lato è un Angioletto che stà raccogliendo l'acqua del mare per concertrarla in stretto foro, indicando allegoricamente l'incomprensibilità dei misterj di nostra fede. In questo non spiega ancora la robustezza, che praticò in progresso, e Gaetano Giordani vi ravvisò alcun poco della scuola di Guido. Può dirsi però che oltre i detti quadri non più adottasse il delicato, ed il gajo, giacchè ito a Bologna, in una tela dipinta colla missione dello Spirito Santo sopra gli Apostoli per la Chiesa dei Santi Vitale, ed Agricola, adoprò un disegno più libero, e franco, ed un colorire alquanto caldo Poco dopo abusando della sua facilità tolse impegno di condurre nel breve spazio di ventiquattr'ore una delle lunette, che dipingevansi sotto il loggiato dei PP. Serviti: ma quell' opera riuscì, come esser doveva strapazzata (19). Ebbe altresì quasi nel tempo stesso da Monaci Olivetani d'Imola l'incarico di un quadro con San Luigi, da collocarsi nella loro Chiesa (20), e dicesi che riuscisse lodevole.

Fu poi in Roma, e vi si trattenne alcun tempo, poichè avendo acquistato nome, non gli mancavano occasioni per rendere profittevole quella dimora. Non sono più esposte le opere del Peru zini, che il Titi ricorda esistenti in Roma nella Chiesa di San Pantaleo delle Scuole Pie, in Santa Maria della Rotonda, in San Salvatore in Lauro; Vedesi soltanto una tela in San Bartolommes de' Bergamaschi, dove figurò due Santi che prima d'essere consegnati al martirio vengono esortati all'idolatria; opera più d'apprezzarsi pel colore che pel disegno e composizione.

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Da Roma tornò in Ancona, dove acquistossi tanto grido, che i suoi lavori furono richiesti quasi in ogni paese della provincia, e se ne veggono fino in Ascoli, che n'è il confine,

Tiene della scuola del Cantarini un Sant' Antonio da Padova, che fugli allogato per la Chiesa di Santa Caterina d'Ancona. Ha un carattere maggiormente spiegato, e conserva poi il grande dei Caracci un quadro con Santa Maria Maddalena, e Santa Caterina da Siena, che stende il ritratto di San Domenico a San Raimondo, esistente nella Chiesa dei Pad. Predicatori. Lodatissima fu da Lanzi una tela colla decollazione di San Giovanni Battista, ch' era all'Ospedale, dove Egli dice, seppe raccogliervi le più belle imitazioni della scuola Bolognese; si tace di molti altri lavori, che veggonsi 13 registrati nella guida di detta Città. Di un pittore, che aveva facilità si straordinaria nell' eseguire, e che mai ozioso rimanevasi, lungo sarebbe il numerare i dipinti che lasciò in provincia, la quale non mancò di ammirarne la virtù anche in beneremenza di averla preferita a quella ov' era nato. Tuttavia per corrispondere nel miglior modo al mio assunto invitarò coloro, che di queste cose prendono diletto, ad osservare nella Collegiata del paese di Sant' Elpidio un quadro, dove il Peruzzini dipinse le anime penanti, soggetto che trattò come meglio seppe, essendo de' più difficili ed intricati per qualunque sperimentato artefice.

In Fermo vedesi una sua Madonna nella Chiesa delle Cappuccine, un Sant' Ignazio al Gesù, un Assunta ai Filippini. In Osimo

un San Silvestro nella Chiesa di questo Santo con altre cose attorno. Nell' Oratorio della Morte un Cristo in mezzo agli Apostoli. In San Francesco un Sant' Antonio che adora il Divino Infante, argomento, che replicò con lode nella Chiesa di Santa Maria detta della Porta in Macerata, ed ai Cappuccini parimente d'Osimo il suo miglior lavoro in un San Girolamo, ed altri Santi, dove ritrasse piucchè nei sunnominati i bei modi di Simone. In Jesi è suo il quadro del titolare nella chiesa di San Giovanni Battista. A Loreto vi è tutto il fondamento di ascrivere fra i lavori del Peruz zini un quadro coi Santi Pietro, e Paolo, che le moderne guide

assegnano ad un Erasmo Fiammingo. Caraccesco è un suo quadro nella Chiesa dei Cappuccini della terra di Monte Granaro con Santa Caterina, ed il Serafico. In Ascoli non rimane ora al pubblico che un Sant' Ignazio nella Chiesa di San Venanzo.

Intanto che così operava correndo l'anno 1664, fu al Peruz zini da Alfonso di Gonzaga Conte di Novellara commesso un quadro di quattro braccia e mezzo d'altezza, e largo in proporzione colla storia d' Alessandro il Grande, allorchè fermossi con Dioge ne presente Aristotale (21). Essendo quel lavoro riuscito quale poteva attendersi da un' artista, che tutto il suo sapere v'impiegava per meritarsi la protezione di sì cospicuo Signore, gli aprì la via a larghi incarichi specialmente in Piemonte, ove presto si ridusse e gl'arrise appena giunto la fortuna. Imperocchè si restringevano allora le commissioni della Reggia Turino a tre soli esteri pittori, il Peruzzini, il Recchi, ed il Casella (22). A rendere poi maggiormente completa questa di lui fortuna vi concorse la volontà del Rè, che lo vesti dell'abito di Cavaliere de' Santi Maurizio, e Lazzaro.

Narra il Bartoli (23) che nella Chiesa di San Francesco di Torino dipingesse il quadro coi Santi Cosma, e Damiano; che nell'altra dei Pad. Minimi fosse sua la tavola colla Concezione, in quella di San Lorenzo dei Teatini una tela con Nostra Donna, ed in fine nei Carmelitani il San Giovanni della Croce; opera di cui si compiacque, lasciandovi fuori dell'usato scritto il proprio nome, che vedo replicato solo in altri due quadri, l'uno in San Dome nico di Casale Monferrato, ove rappresentò un Cristo apparente a Santa Catarina da Siena, e l'altro in Pavia nella Chiesa annessa al collegio Ghisiglieri con S. Pio V. ch' esorcizza un'ossessa, voro del 1677 (24).

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Non furono però sufficienti le lodate fatiche per meritargli gli onori, e le ricompense che la liberalità del Rè, e dei Magnati gli concedettero. Vi volle che il Peruzzini assumesse ancora l'incarico d' istruire la Gioventù, e così giovarono assai al Piemonte i di lui insegnamenti in un secolo, in cui la maggior parte delle

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