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Beato Lorenzo da Brindisi comunicato da Cristo, esposta nella chiesa dei Cappuccini di Monte Granaro. Sono di sua mano in San Ginesio nella chiesa degli Agostiniani due dipinture, l' una col San Tommaso Vescovo di Cantorbery, e l'altra con San Facondo. Stimabile è la copia dell' Annunziata di Guido, tratta dall' originale esistente in Ascoli, da lui dipinta di commissione di Antonio Asclepi di Macerata per l'unica chiesa al Porto di Sant'Elpidio; (39) ed un' altra esatta copia fece pure per la Collegiata di Force, tratta dal quadro di Pietro da Cortona esprimente la conversione di San Paolo; si ha di questa anche una incisione di Gaspare Castello (40).

Considerando poi lo stile comunemente tenuto dal Monti nelle opere anzidette uniformasi il nostro parere con quello del suo storico, (41) il quale vi riconobbe originalità di composizio »ne, e leggiadria di forme, e gentilezza di fisonomie, e molta ⚫ dottrina di disegno e colorito non ispregevole, e diligente ese

cuzione. I volti delle sue Madonne (dic'egli) hanno modestia, » e grazia bellissima, ed i Bambini hanno molta venustà nelle > attitudini. Per le fisonomie femminili egli soleva prendere a mo» delli la moglie sua, e li figli, imitatore in ciò dell' Albano, » che modellava le sue dipinture sulle sembianze de' suoi dodi» ci leggiadri figliuoli, regolandoli l'amorevole madre ad atteggiarsi acconciamente, e ornandoli di be' drappi, e di veli, e di nastri; ed il Monti ebbe pure nelle sventure sorte non » dissimile da quel valente Bolognese.

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Sarà dunque vero che Uomini di merito, ai quali non man carono neppure virtù domestiche e sociali, benemeriti della patria cui diedero più chiaro nome, languir debbano frà l'inopia? eppure questi disastri leggonsi presso che ad ogni pagina nella storia de' letterati, ond'è che se alcuna volta si declama contro l'infingardagine, e si piange la decadenza delle lettere, e delle arti, si piange senza ragione Forse alcuni moderni aristarchi, che tutto vorrebbero rimunerare all' antica, mi riprenderanno di viltà, come colui, che crede tutto doversi ricompensare con l'oro,

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e m' andrà rammentando il ramo di olivo, e la corona di migna, con cui Sparta, ed Atene guiderdonavano i loro Eroi. Ciò stà molto bene; ma sò che Italia non è Grecia, e che Sparta ai valorosi dava il diritto di sedere alle pubbliche mense, onde in mezzo alla gramigna che fregiava la testa, non mancavan vivande per nudrire il vincitore. Sebbene a giorni nostri il pane si dà ai poveri, non ai gloriosi. Ma il Monti patì alcune volte perfino difetto di pane, e di altre cose al vivere necessarie. Io credo benissimo, che il virtuoso Uomo avrà tratto non piccolo conforto dalle bellezze dell' arte sua, poichè al dire di Cicerone: Haec in adversis solantur ec. ma son certo ancora che conforto migliore sarebbe venuto all'arte stessa, se avesse avuto mezzi sufficienti a sollevare l'inopia. Imperocchè se era pittore, era ancora padre amorosissimo, e non sò qual riconcentramento, e libertà di spaziare dar potesse al suo ingegno, mentre essendo suo costume di trar modelli dalle sembianze de' suoi figliuoli, aveva sempre a contemplare fissamente degli oggetti infelici, che gli straziavano il cuore oltre di che è cosa indubitata, che la miseria lo costrinse ad usare colori non buoni, e che non reggevano al tempo. Visse dunque, e morì sventurato nel 1795; lasciando la numerosa famiglia bersaglio di que' disastri, che a me non dà l'animo di ricordare.

dico,

Cosi i lumi del Batoni, e del Mengs si diffondevono pel nostro Cielo, ma Giuseppe Locatelli gli estese ancor più. Nacque egli in Mogliano il 16 marzo del 1751 da Filippo Locatelli mee da Teresa Morelli di Pergola (42). Non sò se per genio, o per volere del Padre apprese i principj del disegno sotto la direzione di Saverio Carvili di Mogliano, che a quest' arte accoppiava ancor quella d' inspirare nè giovani il gusto per le cristiane virtù; certo si è, che il giovanetto Locatelli riuscì sì bene nell'una, e nell'altra cosa, che in assai fresca età potè il padre suo fidarlo a se stesso mandandolo in Roma alla scuola prima del Conca, e quindi di Mengs; sicuro che gran profitto avrebbe fatto nell' arte, e in mezzo a tanta gioventù corrotta non avrebbe abbandonata

Tom. II.

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quella morale, in cui era così bene istruito. Nè punto s'ingannò; imperocchè dopo alcuni anni ritornato in provincia, e posto suo domicilio in Tolentino si diede a far mostra di sua abilità in molte opere a olio, e a pastello, che operò per diverse private persone con tanto plauso, che ben presto quel pubblico volle giovarsi dell'opera sua. A lui pertanto nel 1795 allogò il disegno, e la pittura del Teatro, così detto dell' Aquila; parve che le grazie temperato gli avessero le tinte, e guidato il pennello nelle figure, ed ornati de' parapetti delle loggie, tutte degne del cristallo; ma da conservarsi piuttosto in una Galleria per discernere i pregj dove appena si distinguono. sott'occhio, che in vasto locale, Circospetto, e freddo imitatore della natura non dava alle sue opere il carattere d' originalità, ma tutte le conduceva senza che in queaffettazione, e maniera, e con una verità di colorito, sta singolarmente si distinse presso i suoi, e li stranieri ancora. Ond' è che l'Imperatore Napoleone, il quale per arricchire la sua Parigi di monumenti artistici con più d'onestà sostituiva le copie ai migliori dipinti ne' muri, si servi della mano del nostro artefice, per ritrarre i famigerati dipinti d' Antonio Allegri da Coreggio, esistenti in una delle camere del monastero di San Paolo, già dottamente descritti dal Padre Ireneo Affo, e gli altri della chiesa di San Giovanni nella Città di Parma (43). La sua perizia mostrata nell' eseguire quell' onorevole incarico, non che le sue amabili virtù gli conciliarono la stima, e la benevolenza de' Parmigiani, e degl' intelligenti specialmente, che stringer vollero con tanto collega nodi di strettissima dimestichezza, e rilevarne più da vicino i pregj. Nelle molte volte, che con infinito contento mi sono colà condotto per render omaggio a quel suolo, ov' ebbi le prime istruzioni, ho udito frà molti il celebrato tipo grafo Cavaliere Bodoni parlare con molta lode del Locatelli, ricordare con passione alcuni suoi doni, che si teneva carissimi (44). Fu accetto al Pontefice Pio VII., che in passando per Parma, fecegli dono d' una medaglia.

Per quanto il Locatelli si occupasse della pratica,

ed in

riuscisse un acciajo lucente, ragionò ancora della teoria, e fu guida alla studiosa gioventù, che istruì nel disegno in Tolentino, in Macerata, ed in Fermo, diffondendo così i lumi del Sassone pittore, che aprivano nuovamente il retto sentiero a traverso del

l'errore.

Molte produzioni esistono in provincia, ed oltre quelle superiormente lodate, le principali sono il disegno, e le dipinture del Casino del Cavalier Collio oggi Servanzi presso la città di Sanseverino (45), e l'interno della chiesa dell' Ascensione in Mogliano sua patria, che ornò di molte, e tutte belle figure.

Compiè la mortale sua carriera l'anno 1828. Morì povero. Tale lo rese la carità, che gl' insinuò di vendere perfino gli oggetti più cari che avesse, per sovvenire gl' indigenti, ma per questo appunto più ricco, e di memoria più degno.

È questo l'ultimo de' pittori, di cui noi intendiamo parlare I nelle presenti memorie. Prima però di deporre la penna, e com

pormi al riposo di questa mia qualunque siasi fatica, gratitudine vuole, che alcune linee consacri alla memoria di chi amore m'inspirò co' suoi scritti per questo genere di studj, e di chi colle parole, e colla presenza conforto, e favore mi diede per proseguirli; voglio dire dell' Abbate Luigi Lanzi di Montolmo, e del Conte Alessandro Maggiori di Fermo. Niuno per avventura meglio del primo seppe vendicare la moderna Italia dalla taccia di riposarsi neghittosa sugli allori raccolti da' trapassati grandi ingegni, niuno meglio di lui dimostrò, che il sentimento estetico anima ancora lo spirito de' presenti Nazionali. Temperato dalla natura all'amore del bello con l'anima invaghita dell' antica venustà, scorse rapidamente i monumenti Egizii, gli Etruschi, i Greci, ed i Latini, e da Apelle fino a Mengs, da Prassitale fino a Canova, con tanta chiarezza, e perspicacia pronunziò, che tutti i Professori di belle arti applaudono a giudice di sapere si profondo, di tatto sì fino, si squisito. Chi fu che vendicò dall'oblio le scuole Lombarde, onde a lui tanto debbono, se non Lanzi? Chi fu se non Lanzi, che scuoprì in Italia una serie non mai interrotta di pittori

di

gusto

dal declinare del Romano Impero fino a Cimabue, facendosi così valido scudo contro l'ingiustizia di coloro, che spogliar volevano di tal vanto questa bella parte d' Europa? ma portò più oltre i suoi lumi. Mancava all' Italia una storia generale, e metodica della pittura. Lanzi la pubblicò, e quel che più rileva, non solo v' adunò le notizie quà e là disperse, notandone in ogni età gli avanzamenti, e la decadenza, ma classificò tutte le scuole fino al numero di quattordici, assegnò a ciascuna il suo carattere generale, descrisse distesamente lo stile de' principali Maestri, intessè la propagazione dei loro allievi, indagò le cagioni percui certi sommi ingegni in ogn' arte nascono, e svilpppano nel tempo stesso; e come dicesi del più saggio di tutti i Rè, che dal Cedro del Libano fino all' isopo nulla ignorava, così egli passando per tutti quegli artificj, che hanno affinità colla pittura, disputò dottamente di essi fino al ricamo.

Finalmente caro ai Principi, che lo ricolmarono d'onori, venerato da dotti, che ne ricercarono gli oracoli, egli che procacciò incremento alle arti, a se stesso consolazione, egli della Marca, anzi dell' Italia tutta ornamento, e splendore mori in Firenze il di 30 marzo 1810 (46).

Fisso nel propostomi sistema di non parlare dei viventi, chi mai imaginato avrebbe, che in queste carte più col pianto, che coll' inchiostro segnar dovessi il nome di Te, che fosti testimonio de' presenti miei studj, e ne formasti gran parte? Ancor mi ra gionano alla mente quelle tue letterarie corrispondenze ripiene di tante belle dottrine, di cui mi arricchiva lo spirito, de' più teneri sensi di leale amicizia, che m' inebriavano il cuore. Alessandro Maggiori fu nell' età nostra uno di que' pochi uomini, che nell'ozio pacifico d'una vita ritirata e tranquilla coltivò le civili virtù, coltivò Minerva, e le Muse (47). Dedito oltremodo alla letteratura fece vedere quanto ben possedesse le ricchezze dell' italiana favella ne' comenti alle rime del divino Michelange lo, che nel 1821 rividero la luce in Milano (48). Ma principalmente rivolto allo studio delle antichità, nutrito dall'amera

anime

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