O alberghi in fen del fuddito più vile. Il fonte, onde i ben fgorga, anco vi pofe; Divider volle, a fin che in tutti eguali Delle fue grazie a fuo talento onora ; O del gioire, o del penar cagioni. Ah quale Vil efteriori non fono una vera ricompenfa. Effi fono fpef- 1 EPISTOLA QUARTA. Ella (a) Felicità; tu fei di ogni Ente, BE Qual (a) Lo fcopo, the in tutto questo Poema fi è prefiffo il dottiffimo noftro Autore, è stato unicamente quello di afficurare, per quanto foffe poffibile, agli Uomini tra le travagliofe vicende, e fluttuanti inegualità della vita umana, una Felicità coftante, e durevole. Egli a quefto oggetto ha procurato nelle antecedenti lettere e procura ancora nella prefente di convincerlo fulla realità di una Provvidenza fuperióre invifibile, che con economia. e magiftero ammirabile dirige tutto alla perfezion del Totale, fervendofi degl' ifteffi apparenti difordini per quefto altiffimo fine. In quefta maniera non folo egli ga rantisce la Provvidenza dalle calunnie degli empi, ma anima Uomo a travagliare al bene univerfale della fo cietà, facendogli chiaramente conofcere di confiftere in quefto principalmente la fua ifteffa privata Felicità. Rimaneva ciò non oftante da sciogliere ancor qualche dubbio, cioè a diftruggere alcune falle idee che fopra quefta Felicità medefima fogliono farfi gli Uomini per ordinario riponendola la maggior parte nell' affluenza dei beni della fortuna, e nella foddisfazione dei fenfi. In quefta quarta Epiftola pertanto egli impiega tutta la forza del fuo eftro Filofofico per eftirpare radicalmente questa opinione ingannevole, rampollo funefto della mafignante Natura, e della corruttela del cuore umano. Maravigliofo è l'offervare, qualmente nel tempo istesso che egli combatte l'impudenza dei Cinici, e degli Epicurei, fi fcofta ancora del pari dai deliri di quell' Eroifmo fantaftico, che per lo più guafta le più belle maffime degli Stoici, e rende la di loro Filofofia impraticabile. I principi del noftro Autore fon pochi, femplici, e chiari, e fi riducono in sostanza ad infinuare all' Uomo V Qual nome io potrò darti, onde ciascuno Tran di viver contento nello ftato, in cui Dio l'ha pofto, a trovare un folido piacere nella Virtù, di cui gli rappre fenta l'utile, e la bellezza, ed a giovare al fuo Proffimo, ponendogli in vifta con ragioni invincibili, che egli può effere unicamente fortunato con quefti mezzi, e che nei loro contrarj confifte la vera calamità di qualunque mortale, benchè ricolmo di foftanze, ed eziandio collocato ful Trono. E' vero, che queste Teoriche luminose si trovano ben maneggiate anco da molti Scrittori di Etica antichi, e moderni, ma da niuno forfe con tanta eleganza, e folidità ed è certo, che fe le medefime non arrivano a porre l'Uomo nell' immediato cammino della Virtù, della Religione, e delle verità foprannaturali, almeno efficacemente ve lo difpongono. S. Agostino ragionando dei Beni eterni da goderfi dai giufti nell' altra vita > non fa farne un ritratto più al vivo efpreffivo, che con dipingerci la bella calma di un Uomo giufto fopra la Terra e dell'amabilità, che fa fempre il carattere della Virtù in quefto Mondo, anco in mezzo delle più atroci difavventure. Non può negarfi, che quefta Felicità viatoria è., ciò non oftante molto imperfetta, ma in fine è quella, che noi poffiamo aver quaggiù, poichè, come riflette egregiamente il Sig. Pafcale nelle fue Letters ci moftra quello, che noi eravamo avanti la nostra degradazione pel peccato originale, e quello, a cui noi compitamente nell'altra vita poffiamo un dì pervenire. E' da vederfi fu quefto propofito il magiftrale libro del Padre Sarafa Gefuita Spagnolo, che ha per titolo: De arte femper gaudendi,, in cui tutti i principi quì inferti fono lumeggiati più ftefamente, ed in particolare quel Sempre vero, e celebre Affioma: Nil confcire fibi, nulla pallefcere culpa, al quale tutti gli altri costitutivi della Felicità prefente terrena fi riportano, come. ad articolo primario, e fondamentale. Tranquillità, piacer, pace, dolcezza, Porge lena, e riftoro a i petti umani uopo O all'ombra degli allori, onde la fama L'arte accufar fi dee, non il terreno ; |