E ben faggio è colui; che le rispetta, E non fi affida a un ragionar fallace Per feguir quelle idee, ch' entro la mente Un lufinghiero immaginar ci defta. Tutto in profonda pace il Mondo intiero Dovrebbe refpirar, nè in cor dell' Uomo Sorgerebbero, a fargli atroce guerra, Tante femenze ree, tante maligne Ambiziofe brame; ed ei farebbe Per legge di Natura, e fenza pena, Del ben feguace, e di virtude amico: Giammai di fofca nube il Ciel coperto Involerebbe a noi la bella luce Del gran Pianeta, che diftingue l'ore, Nè impetuofo, e torbido. Uracano Tempefte mai folleverebbe in Mare Qual già fotto l'Impero di Saturno Finfero i prifchi Vati il Secol d' Oro. Ma, oh folli, e corte idee! la guerra eterna Dei difcordi Elementi è quella appunto, Che il Mondo accorda, e lo conferva infieme E fe d'ogni paffion libero, e fgombro L'Uomo traeffe i giorni fuoi, potrebbe Quale infenfibil tronco inanimato. Suffifter forfe? ah che il penfarlo è vano! VI.Ma oh quanto in ciò,ch'ei brama,erra e vaneggia! Mesto è talor, perchè dei Spirti alati Di Dio miniftri ei non poffiede i doni, Lor forte invidia, e non è fazio e pago, Se anco di lor più grande ei non diviene: Talor pone in non cale, e tienfi a fchivo Di fua natia condizione i pregj, Lagnafi, perchè a lui manca l'irfuta Vefte dell'orfo, e perchè il cervo fnello Nel corfo non pareggia, e in forza il toro. Infenfato che fei! credi tu forse,
Che fe quelle, che ai bruti il Ciel comparte Doti, a te non negaffe, il tuo deftino. Saria migliore, il viver tuo più lieto, E tu meno imbecille, e più perfetto? Dei corpi lor la teffitura induftre, Benchè in ciafcun di lor non fia l'ifteffa, Della faggia Natura affai dimoftra La provida Bontà: Effa sù tutti A larga man fuoi benefizj fparge, Ma con proporzione, e con mifura, E di tutti un' egual cura fi prende. Agile è più tra lor chi ha men di forza, E quel, che è più robusto, è men fpedito. (e) In fimil guifa il Creatore adatta
Al bifogno il foccorfo, e con sì bella Legge del fuo faper l'orme v' imprime; Quegli organi a lor diè, quella figura, Che al vario fine, onde prodotti fono, Lor convengano più: tutti han poffanza D'adempierlo egualinente; egual vantaggio Hanno a tal uopo e il più piccolo infetto, E l'animal, che più fchifofo appare. Felice è ognun di lor, nè invidia porta Alla fortuna altrui; fol dunque esente L'Uomo farà dall'ordine comune, Onde ver sè d'ingiufto il Cielo accufi? Come? L'Uomo, che folo effer si vanta Ragionevole, e faggio, i giorni fuoi Trarrà in angolcia, e fpargerà lamenti,
(e) E' un affioma riconofciuto da tutti gli Anatomici, dice l'Autore, che l'agilità degli animali diminuifce a proporzione della lor forza; come la lor forza al contrario aumenta a proporzione, che effi hanno meno di agilità.
Se tutto non ottien, quafi che foffe' Privo d'ogni conforto, e d'ogni bene? Se tranquillo effer vuoi, vivi contento Dei doni, che Natura a te difpenfa, Nè i fuperbi penfieri, e le inquiete Tue fmanie oltre un tal fegno ardito fpingi. Se l'occhio noftro al microfcopio eguale Ingrandiffe gli oggetti al par di quello, Che gioverebbe a noi vifta sì acuta ? Ah che faria ben corto il fuo confine! Gli ultimi filamenti, e le minute Fibre veder potria del più mefchino Verme, che appena appena al guardo è noto; Nè più goder potrebbe il luminofo Spettacolo, che a lui mostrano i Cieli. Maggior delicatezza abbiano i fenfi; Più fino il tatto fia; fempre tremante L' Uomo a qualunque ftrepito leggiero Tema avria d'incontrar morte, o perigli. Con maggior forza, ed impeto maggiore Urtino le invifibili faette
Degli atomi odorati entro il cervello; Dei profumi più grati il violento Alito al capo, e al cor faria di danno. Sia più vivo l'udito, ecco che al fuono Più fordo ei non farà, che nei lor giri Fanno full' alte vie le Sfere erranti ; Ma come in mezzo a quel fragor sì grande Trovar potrà, qual già folea, diletto Al mormorio dell' acque, al delicato Romoreggiar dei Zeffiri foavi?
Abbian fine una volta i tuoi lamenti, Mortal prefontuofo, il Cielo adora In quei doni, che niega, e che concede, Poichè fempre egualmente vi rifplende La Sapienza eterna, e la Bontade.
Volgetevi a mirar: fempre indefeffa, O popola, o abbellifce il mondo intiero. Scorrete, unite infiem gli Enti diverfi; Cominciate da Dio, da quel fupremo Ente, onde tutti gli altri hanno la vita. Che infinita catena! che ftupendo Spettacolo nel Ciel Spiriti puri, Nella terra, nell' aria, in mezzo all'onde, Uomini, pefci, uccelli abitatori, E infetti numerofi in ogni lato Invifibili quafi. Or via, rompete Dell' eterna catena un folo anello; Tutto foffopra va, tutto in rivolta L'ordine, l'equilibrio, il bel concerto, E nel Caos fi perde, e fi confonde. Se dei Vortici, u' notano i Pianeti, Ciafcuno ha il proprio fuo moto diverfo, Che una fegreta Legge in effo imprime Se quinci avvien quell' ordine perfetto, Che l'intera armonia forma, e softiene Dei Cieli luminofi; un fol Pianeta Trapaffi il fuo confin, dal rimanente Dei vortici difgiunto; ecco in cadendo Trae feco tutti i differenti globi, Onde l'union dell' Univerfo efifte: La Terra allor dal centro fuo rimoffa Nel Caos antico tornerà confufa;
L'un full' altro ammaffati i Soli, e gli Astri Non faran più diretti, e sostenuti Dagli altri a lor vicini: la Natura Tra la confufione agonizzante Di Dio fin preffo allo ftellato trono Arrecherà difordine, e spavento. Dunque fia d'uopo por tutto in tumulto Sulla Terra, nei Cieli, a render pago, Dell' Uomo ambizioso il genio altiero?
IX. Se ogni membro ribelle alla fua legge Si voleffe fottrar nel corpo umano;
Se il piè veder voleffe, o marciar l'occhio; Se la man deftinata alla fatica Pretendeffe del capo aver la forte; Se ricufaffe in fine ognun di loro Allo fpirto obbedir, cui fon foggetti; Qual difordine? e che? forfe non fora L'ifteffo allor, che l'Uom contro il fupremo Ente, che dona agli altri e moto, e vita, Si eftolla audace, e con ingiusta brama Tenti fortir dall' ordine prescritto? Le differenti parti, onde componfi Questo valto Univerfo, a fare un Tutto Con fublime faper difpofte fono.
Di quefto Tutto il corpo è la Natura; Iddio quello, che l'anima, e lo muove; E fe a l'occhio Ei fi cela, i luminofi Tratti del fuo poter fanno alla mente L'augufta fua presenza affai palefe. Nel far la Terra, e nel formare i Cieli, Egli è del par poffente, e gloriofo; Egli ineftefo ftendefi per tutto, Ed indivifo penetra ogni parte; L'invifibile Egli è ftabil foftegno
E dei corpi, e dei fpirti; agifce in Effo Ogni Ente, il quale ha vita, e in Lui refpira. Senza che niente perda, Ei tutto dona ; Egli difpone, Egli opera, e produce, Senza che la fua forza, e il fuo potere O s'alteri, o fi ftanchi, o venga meno; Egli egualmente e fapiente, e grande, Nel verme anco più vil, nell' elefante, Nella formica, e nel leone appare, Nell' umile bifolco, a cui ricopre Ruvido manto le callofe fpalle,
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