no condurre. La Providenza fi ferve nientedimeno de i vizi, delle paffioni, e delle imperfezioni dell Uomo, per l'adempimento dei fuoi difegni, e per lo ben generale della focietà. La Sapienza Divina è quella, che diftribuifce a i differenti ordini del Gemere Umano alcune debolezze, che possono chiamarsi felici in quanto che da loro refulta la loro depen denza, la loro unione, e la loro forza. Da ciò di viene, che vi fono delle paffioni proprie a qualunque a qualunque ftato, a qualunque carattere. la Sapienza di Dio Spicca fino nelle imperfezioni
"Ortal, frena il tuo volo; omai desisți Di fcandagliare il pelago profondo
Della Divina Immenfità; rivolgi Tutti fopra te folo i tuoi penfieri,
E fin dentro al tuo cor con lor difcendi; Lo ftudio all'Uom più proprio è l' Uomo fteffo. Qual mifto in lui maraviglioso, e ftrano! Qual mai di luce, e tenebre compofto! Qual piccolezza a maeftà congiunta! Per dubitar da Scettico di tutto, Egli ha troppo di lume, e di ragione; Per munirfi di Stoica fortezza, Di Virtù nel cammino è troppo frale. Nafce ei forfe al travaglio deftinato? Forfe un ozio tranquillo è il fuo deftino? Or dell'ingegno fuo gonfio, ed altero, D'effer fi crede un Nume, a cui non manchi Ogni pregio, e potere; or fotto il peso Del fuo corpo gemendo afflitto, e lafso, Penfa aver forte in tutto ai bruti eguale. Fin dal momento, in cui comincia appena Le prime a refpirare aure di vita, Già verfo della tomba i paffi muove. La fua fteffa Ragione altro non pare
Quafi, che un bel delirio. Ei non l'ascolta ? Ecco che tutto a lui fi rende ofcuro: Troppo di lei fi fida? ecco che nulla Sembra certo, e ficuro ai lumi fuoi: Caos di paffioni, e penfier vani Alternamente accolti, e rigettati, Porta l'animo involto in
Inftabile, leggiero, vacillante,
Or folle, or faggio, e colla mente volto Sempre a nuovi difegni, e nuove brame; Pien di coraggio, e di fiacchezza insieme, Cade, s'alza, e ricade ogni momento; Ei può folo fcoprire il vero afcofo, E di errore in error paffa, e s'immerge; Nato fu tutto a dominar, di tutto Il berfaglio riman: senza cagione O fi affligge, o fi allegra, e col fuo core Sempre in difcordia, egli è nel tempo istesso La vergogna, e l'onor della Natura. Or di tue doti, e di te stesso fiero
Vanne, audace Mortale; a tuo talento L'Univerfo mifura, e qual più brami, Legge prefcrivi all'Oceano ilteffo; Quale ei debba ferbar regola poni, Quando i flutti diftende, o li ritira; Fiffa il pelo dell' aria; ordina i giri Degli Aftri, e de i Pianeti; entro l' ofcura Caligine de i tempi il guardo fpingi; E fin del Sole alle fiammanti ruote Sopra l'eccelfe vie fegna il cammino; Va, con Platon fino all' Empiro afcendi, Nella forgente fua cercando il vero; E l'ardire congiunto alla follia, Della Divinità nel fen t' immergi; Ebro d'un cieco orgoglio, a quel fupremo Autor del tutto infegnamenti porgi; E di ben governare apprenda l' arte Dal tuo faper la Sapienza ifteffa. Ma dove, ah dove il tuo capriccio infano Fuor di fentier ti trae! torna delufo Nel tuo nulla a celarti, e più fagace Del lungo traviar vergogna prendi . De' puri Spirti il penetrante ingegno Il corto noftro intendimento mira Con occhio di pietà; quello che tanto
In noi dafta ftupor, Newton l'illuftre, II gran Newton, non è forfe per loro, Che quanto fembra aftuta fcimmia a noi. E ben! tu, che fu i Cieli ofi la vista Inoltrare, e d' intendere di quelli L'ordine, e l'eftenfione ti figuri, Sai tu forfe regnar fopra te fteffo? Sai forfe del tuo cor reggere il freno? La mente tua, che tanto fi affatica Per faper tutto, e limite non scorge, Colle fue fmanie a qual certezza giunta? Si può forfe vantar, che a te discopra Il tuo vero principio, e la tua fine? Serva folida fcienza a te di guida, Ma di orgogliofi abbigliamenti fcevra. Quefti di rintracciar forfe t'aggrada ? Ceca prefunzion, fregi affettati, Luffo erudito, e le foverchie inette Cure, e gli sforzi vani, onde più d'uno Del fuo fpirto efaltar s'affanna i pregi; Tutto dei rigettar quello, che i nostri Vizj han ridotto in arte: indietro lafcia Dallo fteffo faper le diramate
Inutili dottrine, e volgi in mente Quanto fcarfe fien quelle, onde profitto Trar or fi poffa, o nell' età futura.
II. Due potenze full' Uomo hanno l'impero : Una lo muove e l'altra lo conduce."
Dall' Amor di fe fteffo il desìo nafce, Onde ei fugge il dolor, fiegue il diletto; La Ragion lo ritiene, e lo dirige, Ed il foverchio ardor delle paffioni, Onde agitato egli è, modera, e frena. L'una e l'altra d'accordo a noi fan scorta Per torci al male, e per guidarci al bene. Di fe fteffo l'Amor refti sbandito,
Questo mobile resti allontanato;
Ecco che in uno fterile ripofo L' Uomo fi giacerà: della Ragione Il raggio a lui fi tolga; ogni fuo sforzo Inutile rimane; eccol condurfi Senza regola, agir senza difegno; Simile a pianta nel terreno fitta, Che vegeta, germoglia, e fecca pere; O ad ignita Meteora vagante,
Che da fe prefto fi diftrugge, e muore. Di fe fteffo l'Amore in moto sempre Anco il cor fempre muove, e defta, e sprona. La Ragion tutto penfa: effa confronta, E riflette, e delibera, e rifolve; La Ragion cieca ad un lontano oggetto Da un ben futuro debolmente è tocca; Dal piacere l'Amore di fe fteffo Tratto, lo brama, e di goderlo anela; Mentrechè l' una efamina, e combina, 'L'altro già fi determina, già vuole ; Poichè tardo è il giudizio della mente In paragon de i moti di Natura: Quella nei paffi è timida, e prudente; Di quefto il volo è rapido, e focofo; Ma per temprare in lui l'ardor foverchio, La Ragione lo affale, e lo combatte Con la rifleffione, e con il tempo L'ufo, l'efperienza, e la fatica. Che un Scolaftico vano, e petulante, Nel fuo confufo (a) ragionare involto,
(a) Sarebbe affurdo il fupporre, che il noftro Autore con l'efpreffioni contenute nel verfo antecedente " e in quelli che fieguono, avelle avuto in animo di mordere gli Profeffori delle Scuole, quelli in particolare, che
« PreviousContinue » |