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no condurre. La Providenza fi ferve nientedimeno de i vizi, delle paffioni, e delle imperfezioni dell Uomo, per l'adempimento dei fuoi difegni, e per lo ben generale della focietà. La Sapienza Divina è quella, che diftribuifce a i differenti ordini del Gemere Umano alcune debolezze, che possono chiamarsi felici in quanto che da loro refulta la loro depen denza, la loro unione, e la loro forza. Da ciò di viene, che vi fono delle paffioni proprie a qualunque a qualunque ftato, a qualunque carattere. la Sapienza di Dio Spicca fino nelle imperfezioni

età

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dell' Uomo.

Cost

perla

EPISTOLA SECONDA.

I.

Mo

"Ortal, frena il tuo volo; omai desisți
Di fcandagliare il pelago profondo

Della Divina Immenfità; rivolgi
Tutti fopra te folo i tuoi penfieri,

E fin dentro al tuo cor con lor difcendi;
Lo ftudio all'Uom più proprio è l' Uomo fteffo.
Qual mifto in lui maraviglioso, e ftrano!
Qual mai di luce, e tenebre compofto!
Qual piccolezza a maeftà congiunta!
Per dubitar da Scettico di tutto,
Egli ha troppo di lume, e di ragione;
Per munirfi di Stoica fortezza,
Di Virtù nel cammino è troppo frale.
Nafce ei forfe al travaglio deftinato?
Forfe un ozio tranquillo è il fuo deftino?
Or dell'ingegno fuo gonfio, ed altero,
D'effer fi crede un Nume, a cui non manchi
Ogni pregio, e potere; or fotto il peso
Del fuo corpo gemendo afflitto, e lafso,
Penfa aver forte in tutto ai bruti eguale.
Fin dal momento, in cui comincia appena
Le prime a refpirare aure di vita,
Già verfo della tomba i paffi muove.
La fua fteffa Ragione altro non pare

Quafi, che un bel delirio. Ei non l'ascolta ?
Ecco che tutto a lui fi rende ofcuro:
Troppo di lei fi fida? ecco che nulla
Sembra certo, e ficuro ai lumi fuoi:
Caos di paffioni, e penfier vani
Alternamente accolti, e rigettati,
Porta l'animo involto in

guerra eterna;

Inftabile, leggiero, vacillante,

Or folle, or faggio, e colla mente volto Sempre a nuovi difegni, e nuove brame; Pien di coraggio, e di fiacchezza insieme, Cade, s'alza, e ricade ogni momento; Ei può folo fcoprire il vero afcofo, E di errore in error paffa, e s'immerge; Nato fu tutto a dominar, di tutto Il berfaglio riman: senza cagione O fi affligge, o fi allegra, e col fuo core Sempre in difcordia, egli è nel tempo istesso La vergogna, e l'onor della Natura. Or di tue doti, e di te stesso fiero

Vanne, audace Mortale; a tuo talento L'Univerfo mifura, e qual più brami, Legge prefcrivi all'Oceano ilteffo; Quale ei debba ferbar regola poni, Quando i flutti diftende, o li ritira; Fiffa il pelo dell' aria; ordina i giri Degli Aftri, e de i Pianeti; entro l' ofcura Caligine de i tempi il guardo fpingi; E fin del Sole alle fiammanti ruote Sopra l'eccelfe vie fegna il cammino; Va, con Platon fino all' Empiro afcendi, Nella forgente fua cercando il vero; E l'ardire congiunto alla follia, Della Divinità nel fen t' immergi; Ebro d'un cieco orgoglio, a quel fupremo Autor del tutto infegnamenti porgi; E di ben governare apprenda l' arte Dal tuo faper la Sapienza ifteffa. Ma dove, ah dove il tuo capriccio infano Fuor di fentier ti trae! torna delufo Nel tuo nulla a celarti, e più fagace Del lungo traviar vergogna prendi . De' puri Spirti il penetrante ingegno Il corto noftro intendimento mira Con occhio di pietà; quello che tanto

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In noi dafta ftupor, Newton l'illuftre,
II gran Newton, non è forfe per loro,
Che quanto fembra aftuta fcimmia a noi.
E ben! tu, che fu i Cieli ofi la vista
Inoltrare, e d' intendere di quelli
L'ordine, e l'eftenfione ti figuri,
Sai tu forfe regnar fopra te fteffo?
Sai forfe del tuo cor reggere il freno?
La mente tua, che tanto fi affatica
Per faper tutto, e limite non scorge,
Colle fue fmanie a qual certezza
giunta?
Si può forfe vantar, che a te discopra
Il tuo vero principio, e la tua fine?
Serva folida fcienza a te di guida,
Ma di orgogliofi abbigliamenti fcevra.
Quefti di rintracciar forfe t'aggrada ?
Ceca prefunzion, fregi affettati,
Luffo erudito, e le foverchie inette
Cure, e gli sforzi vani, onde più d'uno
Del fuo fpirto efaltar s'affanna i pregi;
Tutto dei rigettar quello, che i nostri
Vizj han ridotto in arte: indietro lafcia
Dallo fteffo faper le diramate

Inutili dottrine, e volgi in mente
Quanto fcarfe fien quelle, onde profitto
Trar or fi poffa, o nell' età futura.

II. Due potenze full' Uomo hanno l'impero :
Una lo muove e l'altra lo conduce."

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Dall' Amor di fe fteffo il desìo nafce,
Onde ei fugge il dolor, fiegue il diletto;
La Ragion lo ritiene, e lo dirige,
Ed il foverchio ardor delle paffioni,
Onde agitato egli è, modera, e frena.
L'una e l'altra d'accordo a noi fan scorta
Per torci al male, e per guidarci al bene.
Di fe fteffo l'Amor refti sbandito,

Questo mobile resti allontanato;

L 3

Eca

Ecco che in uno fterile ripofo
L' Uomo fi giacerà: della Ragione
Il raggio a lui fi tolga; ogni fuo sforzo
Inutile rimane; eccol condurfi
Senza regola, agir senza difegno;
Simile a pianta nel terreno fitta,
Che vegeta, germoglia, e fecca pere;
O ad ignita Meteora vagante,

Che da fe prefto fi diftrugge, e muore.
Di fe fteffo l'Amore in moto sempre
Anco il cor fempre muove, e defta, e sprona.
La Ragion tutto penfa: effa confronta,
E riflette, e delibera, e rifolve;
La Ragion cieca ad un lontano oggetto
Da un ben futuro debolmente è tocca;
Dal piacere l'Amore di fe fteffo
Tratto, lo brama, e di goderlo anela;
Mentrechè l' una efamina, e combina,
'L'altro già fi determina, già vuole ;
Poichè tardo è il giudizio della mente
In paragon de i moti di Natura:
Quella nei paffi è timida, e prudente;
Di quefto il volo è rapido, e focofo;
Ma per temprare in lui l'ardor foverchio,
La Ragione lo affale, e lo combatte
Con la rifleffione, e con il tempo
L'ufo, l'efperienza, e la fatica.
Che un Scolaftico vano, e petulante,
Nel fuo confufo (a) ragionare involto,

Lun

(a) Sarebbe affurdo il fupporre, che il noftro Autore con l'efpreffioni contenute nel verfo antecedente " e in quelli che fieguono, avelle avuto in animo di mordere gli Profeffori delle Scuole, quelli in particolare, che

trat

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