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Nel 1806 fu stampata in Roma un' appendice a questo libro. Fu anche stampata in Bologna nel 1785 una lettera del Requeno diretta al Cav. Lorgna sulla cera punica adoprata nei cotori.

Caylus Mons. le Comte, et Mons. Majault. Memoires sur la peinture à l'encaustique, et sur la peinture à la cire Geneve 1780.

Tomaselli Giuseppe. Della Cerografia

Verona 1785.

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Fabroni Giovanni Derivazione, e cultura degli antichi abi

tatori d'Italia. Pensieri Firenze 1803.

1803.

Tingry. Trattato sulla pittura all' encausto

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ed

(10) Estratto dall' Osservatore Veneziano Relazioni, esperimenti d'arte operati da Antonio Bojard de Volo nel Patriarcale Palazzo di Venezia il giorno 29 marzo 1825 alla presenza Sua Ecc. Revma Mons. Ladislao Pirker Patriarca, ed altri distinti personaggi.

(11) Baglioni op. cit.

(12) Baldinucci Tom. VIII. pag. 377.

(13) Nell' incendio, che soffrì la Chiesa ed il Convento nel 1799 il detto quadro si perdette.

(14) Prima che si riedificasse il nuovo Duomo eravi anche di

pinta dal Boscoli una intiera, e spaziosa cappella.

(15) In questo quadro lasciò scritto il suo nome.

Cristofaro Allori detto il Bronzino nacque in Firenze nel 1577, e vi morì l'anno 1621; fu prima discepolo di Alessandro suo Padre, quindi di Luigi Cardi, secondo l'Orlandi anche del Cav. Cigoli.

Narra Fiisoly, che assai rare sono le opere di questo pittore, e ciò attesa un' estrema incontentabilità, ossia vizioso desiderio della perfezione, non trovando Cristofaro la mano ubbidiente alla somma sua intelligenza nell' arte, e perciò terminando pochissime opere. Malcontento dei modelli, che non offrivano, com' ei bramava l' espressione, ed il movimento delle figure di sua composizione, atteg giavasi egli stesso, e pregava certo Pagani a disegnare le sue attitudini, e lavorando cancellava senza fine, e soventi volte a forza di cercare di migliorarli, guastava i suoi dipinti. Al pari del Pagani dovette essere chiamato al med. uffizio anche il Boscoli, che al dire di Baldinucci, ebbe più volte anche a somministrargli intieri disegni, mentre vedeva non mai contentarsi l' Allori di quanto veniva egli facendo.

(16) Baldinucci loc. cit.

Alcuni quadri del Boscoli vennero incisi da Stefano Mulinari da Firenze circa il 1741; frà i quali ricordo avere veduto una stampa disegnata ed intagliata ad acquarello colla Vergine in trono, ed al basso Santa Lucia.

174.

(17) Malvasia Fels. Pitt. Tom. I. Parte II. pag. 302. (18) Malvasia. Le pitture di Bologna Bologna 1686 pag.

In una guida di Bologna pubblicata nel 1753 a pag. 227 dicesi: Il quadro del Savonanzi fatto per i Zampeccari fu nel 1754 posto a condecorare la seconda Cappella della Chiesa del Corpus Domini, ed in quella di San Borbaziano vi fu sostituito un quadro rappresentante il Crocifisso, la B. V., San Giovanni , e la Maddalena, opera di Giuseppe Monticelli. Quest'ultima Chiesa è ora soppressa.

11.

(19) Ridolfi Carlo (le maraviglie dell'arte op. cit. Tom. pag. 333.) lo dice discepolo del Cagliari, ma ad esso non acconsente il Mar. Maffei ( Verona illust. op. cit. Tom. IV. pag. 251) il quale lo crede invece istruito da Dario Pozzo. Quello può dirsi con certezza si è, che il Ridolfi non operò mai secondo le maniere di Paolo.

(20) Persico Conte Giovanni Battista. Descrizioue] di Verona, e sua provincia Verona 1820 Part. I. pag. 108.

(21) Molti Manoscritti di Claudio esistettero lungamente presso i di lui Eredi in Corinaldo, i quali consistevano, secondo mi vien riferito, in memorie relative alle arti, ed in parecchie lettere scritte dal Padre a Claudio tutte piene d'ammonizioni, e consigli, e di poche altre di Federico Baroccio, dov'erano espressi sentimenti di sua somma amorevolezza, e vi s' incontravano spesso approvazioni, ed elogi: in una di queste nel renderlo avvertito 'd' aver veduto un di lui lavoro, oltre il congratularsene soggiungeva: Voi avete superato il vostro Maestro.

non

(22) Oltre le indicate tele n' esiste ancora un' altra nella Chiesa di San Pietro, in cui figurò la Vergine Annunziata. In S. Maria del Piano è di Claudio il quadro colla Maddalena. In San FranceSco sono suoi lavori il San Sebastiano, ed il San Rocco, oltre il S. Antonio di Padova, ed in fine è sua la tela semicircolare con l'Arcangelo Gabriele, che mirasi sopra la porta maggiore. Pei Cappuccini dipinse il San Felice, e molte altre sue opere sono sparse ne paesi vicini a Corinaldo, ed in quelli poco lungi da Urbino.

(23) Ridolfi loc. cit. (24) Zani

Tom. XVII.

Ai di 13 Decembre 1605 in Osimo.

Per il presente scritto si fa noto qualmente Maest. Girolamo Sesti Milanese pittore dimorante in Recanati promette di dipingere l'icona del nono Altare, che fanno erigere i Sigg. Fiorenzi nella Chiesa de' Conventuali di San Francesco con l' istoria del misterio della sepoltura di nostro Signore Gesù Cristo, nella quale siano dieci fignre, cioè Nostro Signore Gesù Cristo,

la Beatissima Vergine, due Marie, San Siovanni Evangelista,

Sun Case To, et Nicodemo, ed altre due ad arbirio di esso rature, et darla compita fin tutto il mese di Agosto 1604. Et anemtro gli Sigg. Fulvio, Sig. Giulio, Sig. Camillo, e Sig. Cars Forenzi promettono di dare, et pagare ad esso M. Giranu ver sua mercede Scudi duecento cioè Scudi venticinque ma's Sumie di gennajo, Scudi trenta a Pasca, et il resto TRESSE ma predetta nell' Altare: inoltre promette, detto M. Grøne è fire due storie a suo arbitrio, conforme al detto Meru w due vacui della base dell'altare a tutte sue spese side tome, come de quadretti. Et in fine in lode del veroIn Sursele Spugna a richiesta d'ambedue le parti ho fatto la presa en un Istro: in form. Cammera

Jo Cesto soprad. Man. pp.

De Frio Fiorenzi m'obbligo quanto sopra per li miti

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Go Cesare Fiorenzi mi obbligo, siccome ha fatto * Sig. Fulcis mio Fratello di pagare quanto sopra. Dr. Camillo Fiorenzi mi obbligo quanto sopra per limi

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Je Glasme Fiorenzi prometto quanto sopra, bigo di venticinque Scudi.

et mi ob

Do Jeronimo Sesti prometto come sopra. 25 ERNESTUS DE SCAYCHIS DE TRAJECTO FLAMIN GUS HABITANS IN CASTRO FIDARDO PINGEBAT ANNO

MDCIX.

26 ERNESTUS DE SCAYCHIS FLAMINGUS PINGEBAT MDCXXVI.

DI GIOVANNI BATTISTA SALVI

DA SASSOFERRATO.

CAPITOLO XXII.

Di rado si dà valore negli Uomini senza gara, o cimento,

perchè mal si avvede di poter essere superato colui, che corre solo e mai affretterà il passo, se avanti non vede alcuno, o non s'accorge esservi appresso chi tenti di vincerlo. Così avvenuto `sarebbe a Giovanni Salvi, se più a lungo restato fosse in Sassoferrato sua patria, ove a quel tempo languiva lo studio delle arti, non coltivato che da pochi, e quelli che v' attendevano o o niun profitto nè ritraevano. Nato in una famiglia dove altro non facevasi, che dipingere, ne d'altro parlavasi, che di cose a quest' arte spettanti, non poteva a meno di non dersi sempre più ardente il di lui genio, che nato colla vita, suol crescere a proporzione della vita medesima,

tenue

ren

che

Era pittore Tarquinio Salvi Padre di Giovanni Battista, e pittore parimenti era lo Zio Francesco (1). Ma sì l'uno, l'altro esercitavano quest'arte con tanta mediocrità, che non vi voleva meno della franca risoluzione del figlio per sortire dalle loro mani, ed acquistarsi altrove quella palma d'onore, che in patria, ed in famiglia poteva ben desiderare, ma non mai conseguire. Conobbe il Salvi che la virtù non progredisce, che col mezzo della emulazione, e che ad ottenere tale vantaggio era, di A Roma necessità stabilirsi ove vi fosse mezzo di vivissima gara. pertanto si condusse ne' primi anni della vita, e non appena vi fu giunto, cominciò a vedere quanto importasse di dare alle figure una scelta di forme diversa da quella appresa dal Padre, e che il

colorire con tinte troppo basse non era partito da scegliersi per ottenere o un buon rilievo, o un migliore chiaroscnro; lasciò pertanto in abbandono gli antichi metodi e si volse a miglior via.

A quale scuola s'accostasse, vano sarebbe il volerlo oggi rintracciare; poichè non giovarono le più diligenti ricerche, che ne fecero Gian Pietro Zanotti, L'Amidei, ed il Crespi (2).

Vi fu chi lo disse con poco accorgimento discepolo di Giovanni Francesco Penni (3). Il Marchese Carrara crede studiasse da Guido (4). Ma l'Abbate Lanzi (5) sembrami toccasse meglio nel segno, quando a Domenichino nè attribuì il magistero, giacchè il suo modo di dipingere lo fa conoscere addetto specialmente a quel Maestro. Tralasciamo dunque d'entrare in un campo, da cui uscendo anche vittoriosi niun frutto si acquisterebbe, ne la gloria del Salvi rifulgerebbe maggiormente. Piuttosto crediamo opportuno l'avvertire, che il nostro pittore giunto in Roma, al partito più plausibile appigliossi, cioè di ricorrere alla migliore imitazione dei grandi Maestri, trovando in essi, soltanto il metodo più facile, e spedito, per abbandonare le cattive norme, e sostituirne delle migliori. Diceva Quintiliano che la lunga abitudine di meditare -gli ottimi originali vale al pari di una scuola qualunque, e ben si conosce oggi l'importanza dell' avviso, compiangendo l'uomo di lettere Marini, e deplorando l'uomo d'arte Borromini, ambidue ben lontani dall' aver seguito tale precetio.

Il Salvi al contrario nè concepì l'utilità, e rivolse le sue fa tiche alla più costante, e diligente meditazione dei prototipi del bello; facendo quello che intima Orazio a chi studia, di trattare cioè giorno e notte i greci esemplari. Raffaele fu il suo modello prediletto, è talmente s'immedesimò nello spirito di questo granide Artista, che traducendolo nè innalzò, sarei per dire, le forme, e concetti. La copia che fece della déposizione di Croce, e la quale vedesi nella Chiesa di San Pietro di Perugia, potrebbe, se il mio 'ócchiò non s'inganna, avvalorare la proposizione, che forse ad al'cuno sembrerà ardita. Se si considera l'originale vi scoprirà un conoscitore minuto, e delicato in quei, che sostengono l'estinto

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