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commissioni non vi si adempivono che dagli esteri. Ai Nazionali si uni qualche forastiero, e fra questi sappiamo d'un Giacomo Parolini da Ferrara, il quale rimanendosi in Torino, e scorgendolo un suo Zio materno inclinato all' arte del dipingere, ve lo fece iniziare dal Peruzzini, senza però che a questa scuola restasse lungamente; giacchè di la partendosi venne a Bologna, e tutto de dicossi al Cignani, di cui fu in seguito grande imitatore (25).

Il breve viaggio da Torino a Milano vi conduceva spesso il nostro pittore, ed in tali incontri non mancarongli commissioni anche in questa seconda città. Ajutò Paolo Pagano Milanese nel qua dro, che questi fece per la Chiesa di Santa Maria di Caravaggio, dove avendo a rappresentare Sant' Onofrio, incaricò il Peruzzini di dipingere il fondo con un antro scavato fra' nudi selci, e ricoperto da fronzuti alberi, dimora del Santo Eremità. Nell'altra Chiesa di Santa Maria presso San Satiro fu al Peruzzini medesimo commessa la storia dell' orribile sacrilegio di certo Massaccio, il quale invei con un pugnale contro la miracolosa imagine di Nostra Donna, che vi si venera. E mentre di tali s' opere occupava troncossi im

provisamente il corso di sua vita a mezza via del 1694, e 65 dell'età sua (26).

Ebbe Giovanni un fratello, che con esso trasferì il domicilio in Ancona, e nominavasi Domenico, ch' educato nel dipingere dal Pesarese Pandolfi sostenne sempre la di lui scuola; perciò non si saprebbe come confonderlo con Giovanni, il che piacque di vedere ad alcuno (27); mentre basta il considerare una piccola tavola con San Luca esistente dentro il presbiterio di Sant' Agostino d' Ancona, e due suoi quadri esposti in Santa Lucia di Recanati, l'uno con San Girolamo, e l'altro con Sant' Antonio, dove l'imitazione del Pandolfi apparisce manifesta (28). Lanzi (29) vuole, che Giovanni avesse ancora un figliuolo di nome Paolo, che ammaestrato dal Padre riuscì buono, e risoluto pittore; io per altro ne taccio, poichè nulla vidi mai di suo..

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Chi più d'ogn' altro accrebbe la reputazione del Peruzzini fu un Pier Simone Fanelli d'Ancona, il quale poi fermò casa in 189 1

Tom. II.

Recanati; essendo stato suo discepolo uguagliò in qualche lavoro in stesso Maestro; dipinse la cupola, e l'abside della Chiesa di Sany Giovanni di Macerata, e nei Profeti, e Dottori, che decorat pennacchi della detta cupola, diede a conoscersi sì franco, e r luto nel disegnare, che la di lui opera non invidia quelle di muli reputati artefici del suo tempo; e se avesse condotto il di lui pe nello ad una maggiore fluidità, ed accordo di colorito, l'affresco piacerebbe compiutamente.

Anche in San Paolo della stessa Città sono suoi i dipinti nel coro con varie storie del detto Santo. Sono essi troppo guasti per ben deciderne, ma volendone dire qualche cosa, non può negars all'Autore un merito reale per l'estrema facilità di disegno. Alquanto più trascurato fu in Cingoli, ove si dicono sue le gesta di San Filippo Neri espresse nella volta della Chiesa dedicata al detto Santo. Sono lavori affaticatissimi, ma non corrisposero nella riuscita.

Dipinse piuttosto in detta città con maggiore correzione, ed eleganza una tavoletta per uno della famiglia Raffaelli, figurandovi la Vergine, che riceve da Cristo medesimo l'Eucarestia; questo quadretto fu tanto stimato, che il medesimo Raffaelli lo credette, se bene fosse opera moderna, poter stare al confronto dei quadretti preziosi, che lasciò al Santuario di Loreto, e che oggi con tanto piacere si ammirano dai dilettanti nella Sagrestia della Basilica (30).

Quest' artista sembra non s'allontanasse mai dalla Marca, e nella Marca sono i suoi lavori, ignoto rimanendo altrove. Macerala conserva parecchi suoi quadri, e sebbene siano alquanto cresciuti di tinta, sono specialmente stimati sotto l'aspetto di una tal quale risoluzione, e grandiosità di comporre, e di disegnare. Non fu sempre uguale, di quelli, che non meritano d'essere ricordati stime opportuno di non far parola. Nella Chiesa di San Paolo, oltre i descritti affreschi, è sua la tela nella cappella del Crocifisso con attorno alcuni riquadri contenenti i Misteri della passione di Cristo. In quella delle Monache del Corpus Domini il San Lodovico nell' altra dei Cappuccini detti Vecchi, un San Francesco malamente ritocco.

Recanati vanta altrettante opere sue nella maggior parte riferite dal Calcagni (31). È in Santa Maria di Monte Murello un = Sant'Ignazio, che il lodato storico indica esistente nella Chiesa dell' Assunta. Considerai come una delle più studiate fatiche il quadro con San Giovanni, e San Facondo nel maggiore altare di -Sant' Agostino. Non ottiene altrettanta stima la tela col San Filippo nella sua chiesa; meritano poi meno i lavori fatti pel Duomo, i quali possono considerarsi come gli ultimi, ch'eseguisse in sua vita. Le case dei privati hanno parimente opere sue, e non è raro il trovarne anche delle buone. Tenne il Fanelli scuola in Recanati, e si dice che vi educasse qualche buon' allievo, ma se ne tace il nome. Il di lui merito fu assai considerato da quei Cittadini, i quali rebbero perciò a dolersi della perdita, che ne fecero il 24 del mese di gennaro del 1703 (32).

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Lodato dal Malvasia (33) è il Proposto Giovanni Battista Antici figliuolo di un'Antonio Patrizio di Recanati, il quale dipingendo per suo trattenimento sotto la disciplina di Giovanni Francesco Barbieri, riusci talvolta ad imitare assai bene il di lui Maestro. Di un'altro Marchiano qual fu Ottaviano Cambj da Camerino, che a nobi♫ le nascita riunì il pregio d' ottimamente dipingere, fa menzione il medesimo Bolognese Scrittore (34). Vien detto discepolo, ed estimatore di Emilio Savonanzi, che ne scrisse anche la vita, e ne dipinse l'imagine, incisa poi da Giovanni Francesco Cassioni. Non a conosco verun' altra opera sua, ma che cercasse d'imitare il suo Maestro lo crederemo al lodato Malvasia.

La trista vita e le vicende, che l'accompagnarono, non permisero che Domenico Zampieri detto il Domenichino avesse tanto stuolo di discepoli, quanti n'ebbero i suoi coetanci nel magistero dei Caracci; da ciò avvenne, che più furono coloro, che s' ingegnarono di avvantaggiare coll' imitazione delle opere ch'egli lasciò, non potendolo coi precetti che si sarebbero dettati dalla sua viva voce se fosse stato meno infelice. Fra i pochissimi pertanto, che al Domenichino si accostarono allorchè dipingeva in Roma, fu il Camassei da Bevágna, il cui merito fu tanto più considerato, quando

si seppe, che operava con le istruzioni che poteva aver ricevute da un Maestro, la cui fama suonò meglio morto, che vivo.

Del Camassei, secondo attesta Baldinucci, (35) fu uno dei migliori allievi Giovanni Carboni da Sanseverino, le cui opere per la maggior parte esposte in Roma, ed applaudite dal medesimo Baldinucci, e dall' Orlandi, si sono perdute col rifabbricarsi delle Chiese, e de' Monasterj ove si trovavano, e la nostra provincia non conserva del suo, che le due grandi tele collocate nella maggior' cappella di San Niccola di Tolentino. Oltre esser pittore il Carboni incise ancora con franchezza all'acqua forte, e ne fa fede una sua stampa a fronte della vita di Santa Rosa da Viterbo scritta in lingua spagnuola.

Dall' analogia dello stile traggo argomento, che al Carboni fosse compagno un Pietro Andrea Briotti da Recanati, che però visse poch'anni, ne potette corrispondere alle speranze, che se n'erano formate. Un suo quadro, ch'era nella Chiesa dell'Ospedale di Civitanova, e che trasportato poi nella Matrice per adattarlo a quel luogo, fu negli orli ritagliato con pessimo consiglio di chi v' ebbe parte, dà a conoscere a qual fama poteva Esso giungere, se gli fosse stato concesso di proseguire nell' intrapreso esercizio.

Semplicità, correzione, vaghezza, e facilità sono i pregj, che in quest' opera si riconoscono. Il natale di Nostra Donna è il soggetto, che si propose in quest'opera. La grazia concorre nel render piacevole scena, e questa grazia vedesi riunita in tutte le Ancelle, che la compongono. La santità, e la dignità si manifestano nel volto di Sant'Anna, e lo spirito profetico in quello di San Gioacchino.

Qualch' altro lavoro, che dicesi suo in Recanati, è vinto da questo. A Trento compi il Briotti la mortale sua carriera nella fresca età di trentacinque anni (36).

Piacque a Lanzi (37) di ascrivere frà i Tizianeschi un Francesco Boniforti da Macerata, che viveva benchè vecchio nel 1671. Esso invece si scorge seguace della scuola Bolognese per ciò che ha rapporto alla grandiosità del disegno, ed alla ampiezza della composizione, escluso il colore, ch'è languido. Riusci meglio nel

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chiaroscuro a fresco, che ne quadri coloriti a olio, e le figure colossali, che dipinse attorno la Chiesa di San Paolo di Macerata lo mostrano buon pratico in questo genere. Un'unica sua tela, che conserva la patria, dopocchè ne perdette varie altre situate in altre Chiese poi soppresse, o distrutte, è il solo argomento, da cui traggo questo giudizio, il quale potrebbe essere facilmente contradetto, se occorresse di vedere alcun' altra opera sua, non potendosi mai sostenere una perfetta uniformità di stile. È il quadro menzionato quasi nascosto nella prima cappella della Chiesa di San Giovanni di Macerata. Vi trionfa nel mezzo la figura del Salvatore, ed all'intorno fanno corona diversi Santi. Se si esclude l'atteggiamento alquanto manierato d'alcune figure, pel resto è un dipinto che può piacere.

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Ebbe costui amichevole relazione col nostro Storiografo Pompeo Compagnoni, e tenne epistolaria corrispondenza collo scrittore della Felsina Pittrice, vedendosi da qualche lettera, ch'esso oltre il 1660 dipingeva in Ancona, vi godeva la stima degli artisti, e de' letterati de' suoi tempi. Superò l'ottantesimo anno di età, ed a lui contemporaneo fu un Girolamo pittore anch' esso, del quale non vidi che qualche disegno, fra i quali due a matita rossa, che copiò con molto spirito, e risoluzione dal soffitto che Tiziano diDpinse nella Chiesa di Santa Maria della Salute di Venezia, ed un terzo con diversi pastori, che conversano piacevolmente frà loro (38). poco noto altresì agli Scrittori di cose d'arte un' altro nostro concittadino Fra Paolo Novelli da Offida Converso Olivetano, del quale nel cenacolo del monastero di Monte Oliveto in Toscana è scolpita in pietra un'onorevole memoria per i dipinti, che in quel luogo eseguì (39). Visse fra quei Monaci alcun tempo, e quindi trasportatosi nell' altro monastero del suo ordine di San Michele in Bosco in Bologna, sforzossi d' adottare nel dipingere la maniera, ch'era più applaudita in quei giorni. Non corrispose nel profitto, forse perchè già troppo inoltrato nell' età, e non capace a poter più staccarsi dal metodo fino allora praticato. Un San Francesco, che dipinse nella Sagrestia di quella Chiesa, oltre gli

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