Page images
PDF
EPUB

di costoro, ma il sospetto mi nacque allorchè lo vidi contrarre stretta amicizia co' seguaci del nuovo metodo Cortonesco, speran do, che avrebbono essi potuto giovargli introducendolo ne' Palazzi dei ricchi, ed innanzi a persone d' altissima importanza. E qui opportunamente può ripetersi, che alcuna volta i Grandi proteggono la novità a preferenza del migliore e dell' utile. Seppe il Ghezzi coltivare assai bene le fatte relazioni, poichè aveva molta cortesia di tratto esteriore, e qualche cognizione d'amena letteratura (11). Ottenne quindi la famigliarità del Marchese del Caspio, del Conte d'Altamira, e del Duca d'Ucceda, che rappresentarono in Roma in qualità d' Ambasciatori il Sovrano delle Spagne. S'accostò in seguito anche ai Pontefici Innocenzo XII., e Clemente XI., che Mecenati com'erano delle scienze e delle arti, presero ad amarlo, ed ottenne specialmente da essi onori e beneficj per uno de' figli già Ecclesiastico (12).

dif

Disposte sì bene a suo favore le cose non incontrò grave ficoltà nell' ottenere l'incarico di Segretario perpetuo dell'Accademia di San Luca (alla quale era già ascritto); ufficio fino a quel tempo affidato ad un Notajo. Non appena ne assunse l'impegno pose alla prova il fervido suo ingegno, e presc talmente l'animo degli Accademici, che può dirsi guidasse esso solo l'Accademia, non escludendosi, che qualche volta abusò anche della sua autorità; circostanza frequente in coloro, i quali al di là de' proprj attributi si conducono (13). Non è pertanto a tacersi, che parte per merito reale nell'arte, che professava, e parte ancora per quella franchezza e libertà di tratto, che gli era connaturale, si aprì la strada a sempre nuovi ed importanti lavori; imperocc si vide il Ghezzi impiegato nelle opere, che richiamavano in qu giorni l'attenzione degli amatori delle arti, artisti.

e

l'attività degli

Sebastiano Resta Prete dell'Oratorio era soprastante ai dipin ti, che si dovevono eseguire nella Chiesa Nuova, e vi chiamava il Ghezzi ad operare a concorrenza di Maratta, di Calandructi di Passari (14); non furono appena quelli compiuti, che di altre

12

competenza fece parte il Ghezzi, e la Chiesa di San Silvestro in Capite era il luogo a tale oggetto destinato. Framezzavano queste opere altre richiestegli dalle Città più prossime a Roma. Una tela spedi pel Duomo di Roncilione, ed è quella, che rimane di facciata ad un' Assunta del Trevisani. A Viterbo si vede un suo quadro nella Chiesa di Santa Teresa; un terzo a Norcia; due bellissimi a Perugia presso i Baroni Penna colle storie di Noè (15); e molti altri, de' quali tralascio di far parola, sono indicati dal Pascoli.

1:

Mentre però di tali cose si occupava, non erano da esso neppure per poco negletti i negozj dell' Accademia. Vi sedeva principe nel 1695 Carlo Fontana, che divisando di ricordare con solenne festività compiersi allora il centesim' anno, da che Muziano (16) aveva ottenuto il trasferimento dell' Accademia all'Esquilino, incaricava il Ghezzi, perchè architettasse il piano della pompa, ed acciò la Capitale ne prendesse sempre maggior' interesse, gli ordinò di mostrare, che le lodi di Roma mai si scompagnarono da quelle delle arti. Sul quale argomento lesse ai Principi, agli Accademici, agli studiosi, ed al popolo ivi adunato un Orazione, che fu poi con lusso tipografico pubblicata (17).

chè

Non è esente questo discorso al pari dei molti, che andava esso leggendo alla Gioventù nelle arti applicata, allorchè convenivono nelle solenni Accademie (18), di tutti quei difetti, di cui l'età era al colmo. L'ingegno della maggior parte degli scrittori del secolo XVIII. tutto si ravvolgeva a concetti, e metafore, e pursapessero spargerle a piena mano nelle loro opere, nulla curavansi della scelta delle parole, e dell'osservanza delle leggi grammaticali; quindi avvenne che fù trascurata l'eloquenza, e che gli Oratori vaghi solo di riscuotere l'ammirazione e l'applauso dei loro ascoltanti, dimenticarono il primario fine dell'arte loro cioè quello di persuadere, e di muovere.

Le molte fatiche assunte tanto nella summenzionata circostanza, come in ogn' altro rapporto, che suppose profittevole allo stabilimento, non furono capaci a renderlo esente dai rimproveri, e

dalla malevolenza di coloro, i quali si avvidero aver esso fino

qua

si a quel tempo aggirato a sua voglia l'Accademia; dal che avvenne, secondo avverte Misserini, che fù consigliato a ritirarsi dall'inpiego di Segretario.

Rimase adunque per alcun tempo ozioso, finchè fattosi molto vecchio chiuse la vita il dì 21 di novembre dell' Anno 1721. Ftrono le sue spoglie mortali accompagnate dai Virtuosi di terra Santa, e dagli Accademici di San Luca nella Chiesa di San Salvatore in Lauro, dov' ebbero onorato sepolcro (19).

Lasciò Giuseppe nel suo figlio Pierleone chi mantenesse in famiglia l'onore dell'arte. Ammaestrato da lui ne trasse tanto vartaggio, che prima l'uguagliò nello stile, e quindi si propose an che di migliorarlo, sempre però in ragione dei tempi, in cui viveva,

Era il nome di Pierleone molto riverito in Roma, poichè oltre il professare quest' arte nobilissima, aggiungeva molte cogni zioni nell' architettura, e delle amene lettere era cultore diligente ed appassionato; perciò dalle gentili società fu ardentemente richie e lietissima tenne sempre la brigata, essendo Uomo facelo, e di natura gioviale,

sto,

Educato fin dai primi suoi anni dal Padre a non dar luogo che a vaste composizioni, ed a soggetti serj e importanti, non dipinse in gioventù che grandi tele per la maggiorparte ad ornamento delle Chiese di Roma. Molte son quelle, che registra il Pascoli, e che nomina il Titi nella sua guida, ma poche ne rimangono, al giacchè ad esse avvenne ciochè già si disse delle altre esposte pubblico dal suo Padre Giuseppe.

La fama, che godeva questo pittore nella Capitale gli procu rò d'essere ammesso a far parte degli Artisti chiamati ad operare in San Giovanni Laterano, dove d'appresso al Luti, ed al Tre visani figurò in una delle pareti il Profeta Michea, spiegando in questo uno stile largo, e grandioso. Essendo inoltre venuti in Eropa fino dai secoli XV., o XVI. in grandissima reputazione certi tessuti, che arazzi nomavansi da un paese delle Fiandre,

dove

[ocr errors][merged small]

meglio si fabbricavano, e che Colbert in Francia aveva nel Regno di Luigi XIV. assai protetti, fondando per questa manifattura una fabbrica a Goblins, volle anche la Corte di Roma, la quale già possedeva i bellissimi arazzi fabbricati in Fiandra per ordine di Leone X., che si stabilisse un lavorio per tali tappezzerie, ordinando che si copiasse per questi tessuti una parte dei dipinti da Raffaele eseguiti nelle Logge Vaticane; quelli dove sono figurate le storie di Mosè s'allogarono a Pierleone, ed i suoi disegni si videro poi riprodotti in un fondo di tela d'oro con figure maggiori del vero a chiaroscuro. Le dette commissioni avrebbero dovuto persuadere Pierleone a non dipartirsi dal metodo intrapreso, ma vedendo, che il sostenere tali parti non si confaceva intieramente al suo genio, e che quello, che aveva finora operato con riputazione, all' obbedienza al Padre, ed alla forza del suo ingegno doveva specialmente attribuirsi, aderi alla naturale sua inclinazione, abbandonò il metodo usato per darsi a dipingere di genere, ed ottenne così, perchè inteso dai più, anche un maggior numero di ammiratori. I ritratti che fece, ponendo la maggior parte de' suoi modelli in posizione alquanto caricata, acquistarono tanta celebrità, che i più valenti Calcografi ne replicarono con molto loro profitto le incisioni. Applauditissime infatti sono quelle, che uscirono dal bulino di Giorgio Corrado Walter, e che fansi vedere nel Gabinetto di Dresda (20); frà le effigie da esso con maggiore verità e verosimiglianza dipinte, noi citeremo quella di Niccolò Zabaglia peritissimo meccanico (21), e l'altra del maestro di musica Jomelli, che incisa in rame và attorno con una graziosa ottava scritta dal fervidissimo ingegno del Padre Giulio Cesare Cordara (22).

Alternò alcuna volta questo suo nuovo metodo col ritornare a serie composizioni. Vi fu costretto allorquando dovette occuparsi dei disegni per la magnifica edizione, che nel 1712 si pubblicò, delle Omelie di Clemente XI., e dov' ebbero parte per l'incisione i bulini di Girolamo Rossi, di Farjat, di Arnoldo Wan-Vestrohut, e di Frey (23).

Fattosi in seguito perito anch'esso nella calcografia dovette

esercitarvisi chiamatovi dagli Albani, che furono sempre protettori e mecenati della sua casa. Una delle prime opere, che in questo genere compose, furono le carte pel guoco delle ombre fatte ad istanza del Cardinale Annibale, le quali riuscirono sì applaudite, che il detto Cardinale non dubitò di fare cosa grata all' Imperatore Giuseppe 1. inviandogliene alquanti pacchi. Il rovescio di queste carte è fregiato dello stemma della famiglia con emblemi, che richiamono l'ampollosità comunissima in questo tempo, e non aliena in altri secoli, in cui la viltà, e l'ipocrisia furono di strada agli onori (24).

Comendate furono altresì le tavole anotomiche, che Pierleone intagliò all' acquaforte pel libro, che pubblicossi dal Petrioli in aggiunta e correzione a quello di Bartolommeo Eustacchi, figurandovi sotto la dedica in una vignetta l'apparato della scuola anotomica di Roma (25). Molte altre carte vanno attorno col suo nome, ed in tutte si riscontra una tal qual' libertà di tratteggio, non esente però alcuna volta dal manierismo, di cui ogn' opera dell'arte risentivasi.

Oltre essere pittore ed incisore il Ghezzi, aggiungono i suoi biografi aver' esso dato opera a scolpire con finezza in pietra dura, ed a dipingere anche in smalto con forza e verità; perlochè crebbe tanto in riputazione da essere grandemente onorato dai Principi, e dai Magnati, i quali concorsero a gara a conferirgli titoli, e a farlo ricco con larghe premiazioni (26).

Visse per lo più in Roma, e lungamente, compiendovi l'anno ottantesimo primo d' età. I suoi funerali furono onorati da quanti artefici di vaglia conteneva in quei giorni la Capitale, e la sua effigie fu richiesta dall'Accademia Medicea, perchè facesse parte dei moltissimi ritratti di pittori valenti, di cui quel luogo è celebre; e prima che il quadro da Roma uscisse, Niccolò Billy ne fece un'intaglio all'acqua forte, il quale andò per le mani di molti estimatori di Pierleone Ghezzi (27).

Due furono i compagni nell'arte di questo nostro pittore, i quali se non ebbero molto ad invidiarlo nel valore, ebbero però certamente difforme la sorte.

« PreviousContinue »