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diremo della tela col San Giovanni Battista esistente nella deliziosa Villa del Conte Giuseppe Rosati Sacconi detta di Cavaceppo, fidu ciando nelle relazioni altrui, non avendo potuto vederla quando visitammo quell' amenissimo luogo (2).

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Le altre opere del Trasi, che sono in Ascoli, risentono per la maggior parte di quell' epoca, in cui alla pittura venne tolta tutta la severità, e la gentilezza dello stile, e ridotta a modi convenzionali l'arte del pennello, sembrava riguardasse con dispre gio chi disegnava il difficile, e componeva con semplicità. Così dovrà certamente giudicare chi esamina gl'affreschi, che il Trasi dipinse nei muri laterali della Cappella maggiore del Duomo Ascolano, e nella volta della Chiesa di San Filippo, dove quasi dimenticò ogni buon' accordo di colorito; si tace dei quadri a olio lasciati nelle Chiese di Santa Maria in Vineis, di San Venanzo, dell'Ospedale, e di altre, non che dei moltissimi suoi lavori, che rimangono presso particolari famiglie; quasi tutti portano l'impronta d'un epoca troppo infelice per l'arte, ciò che osservasi anche nelle di lui opere, che ho sott'occhio nella mia patria, cioè in una tela col San Gaetano nella Chiesa dei Padri dell' Oratorio, e in un'affresco in quella di Santa Maria delle Vergini colla visitazione di Santa Elisabetta, senza poter affermare qual merito avesse l'altra, che fu nel maggior Altare della Fraternita del Suffragio, perchè perduta, soppressa che fu la Chiesa (5).

A rendere più universale la sua seconda maniera imaginò il Trasi d'aprire nella sua patria un' Accademia, e chiamovvi tutti quelli, che si mostravano solleciti a coltivare le arti del disegno. Il progetto per un verso sarebbe stato lodevole, ma non poteva d'altronde produrre alcun favorevole risultato, poichè se condo avvisava il Cavalier Cicognara, uno dei fini, per cui pos sono rendersi utilissime le istituzioni accademiche, è quello di ri condurre le arti già deviate e corrotte alla severità dei buoni prin cipj per una via più breve, e ad ottenerlo è necessario presentare agli occhi dei giovani i grandi modelli degli aurei secoli antichi e moderni, e toglierli dalle prave direzioni dei loro infelici

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predecessori. Tutto il contrario avveniva nel caso nostro; giacchè chi presiedeva a quest' Accademia già praticava un gusto falso, ed uno stile manierato, dal che derivava che gli allievi infatuati dall'imitazione, o dalla brama di ricevere lode dal loro Maestro, perdevano intieramente di vista la bella natura, ed i tesori dell'antichità. Su tracce così infelici si aprì quest' Accademia, e dei primi a concorrervi fu Giovanni Trasi fratello di Lodovico, il quale col frequentarla tanto si avvicinò al suo Maestro, che al dire d'Orsini può talvolta prendersi in scambio con lui nelle opere, ch'ebbe ad eseguire; e non è improbabile, che con Giovanni intervenisse anche un' Emidio fratello, o parente, di cui non si conosce che il nome e la professione (4).

visse nei Sarebbe Giovanni succeduto al Fratello che poco molti lavori, che gli Ascolani continuavano ad ordinare pel maggior ornamento e decoro delle loro Chiese, e dei loro Palazzi, se rivolto non si fosse esclusivamente all'esercizio dell' architettura, nella quale tanto avanzò da esser prescelto Architetto della Corte di Napoli, da dove più non si diparti finchè visse. Avvenne pertanto che la fortuna piucchè il merito distinse Tommaso Nardini, il quale educato dal Trasi e suo compagno nè lavori eseguiti pel Duomo, morto il Maestro, la maggior parte delle commissioni in lui ricaddero. Non mancava il Nardini nè di fervida imaginazione, ne di franchezza nel disegnare, ne in fine di forza nel colorito, ma tutte queste doti decadono, dosi la maggior parte de' suoi dipinti, mentre si vedon questi figurare quasi abbozzi, e privi perciò d' ogni elaborata finezza; dal che nasce, che le cose sue appariscono sempre eseguite in momenti di svogliatezza, fra i quali solo un estro repentino traspare. Se qualche lavoro più diligente si volesse vedere del Nardini conviene ricorrere agli affreschi, che operò nella volta della Chiesa di Sant' Angelo Magno, dov' espresse parecchie misteriose istorie tratte dal libro dell' Apocalisse, oltre la cacciata degli Angeli, e nei lati figurò in buone forme le Sibille (5).

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A migliorare qui sua maniera, suppongo ve lo chiamasse

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Francesco Fiorelli da Fermo, il quale avendo studiato alla scuola del Sacchi, cercava come meglio sapeva d'imitarne lo stile, dipingendo le storie di San Benedetto nel Chiostro del Monastero attiguo alla Chiesa di Sant' Angelo; lavoro che i Monaci gli logarono appena il seppero buon' Artista mediante un quadro, che lasciò nella sua patria da esporsi nella Chiesa di San Martino (6) Il vedere Nardini quanto il Pittorre Fermano s'impegnasse per la buona riuscita del suo lavoro, gli fu di stimolo a fare altrettanto, finchè venuto a fine della sua fatica, rilevandola esso medesimo maggiore del solito, si contentò che restasse l'opera senza premio, piuttosto che ottenerlo si scarso, quale dai Monaci gli veniva offerto (7). A compensarlo supplirono gli Odoardi, che il chiamarono a dipingere la sala del loro palazzo, e ne rimasero soddisfatti si per i ben' intesi compartimenti, come per i molti ritratti di personaggi illustri di quella famiglia, che con molta forza, e verità vi dipinse.

Sono queste le opere migliori, che del Nardini abbia Ascoli, giacchè le sue tele a olio esistenti nelle Chiese del Suffragio, di San Francesco, di Sant'Onofrio, di Sant' Antonio, di Santa Maria del Buon Consiglio, dell' Annunziata, di Santa Caterina, di Sant' Agostino, e di San Pietro Martire, sono tutti lavori, che non superano la mediocrità, ed alcuni se cattivi si dicessero, non s' andrebbe molto lungi dal vero.

Visse il Nardini oltre i sessant' anni. Esercitò la dipintura senza che rimanesse mai alterata la dignità Sacerdotale, di cui era insignito, anzi fu esempio ai suoi Concittadini d'illibatezza e di dottrina (8).

L' Accademia aperta dal Trasi sembrò fosse occasione di sempre nuovi eccitamenti agli Ascolani per proporre distinti lavori a decoro ed onore della patria. Parecchi Cittadini pertanto, che si trovavano in Roma per apprendervi le arti del disegno, e che già in queste erano alquanto avanzati, stabilirono di far ritorno al paese nativo, certi di non rimanervi oziosi, e per meglio conseguire un tal fine tutti s'ascrissero alla novella accademia, giacchè

da essa uscivano le commissioni, ed ivi si distribuivano i lavori.

Uno frà questi fu Biagio Miniera prima diretto nel disegno da $ Pietro Subleyras, e quindi discepolo del Cav. Francesco Solimene. Appena posto piede in Ascoli ebbe impiego dai Saladini, che lo invitarono a dipingere una sala del loro palazzo. Diede quivi in bizzarre invenzioni, mostrando così quanto fervido fosse di fantasia; ma fu trascurato in ogni studiata degradazione delle ombre, e coloritore non vero e non esente di manierismo; difetti dai quapur troppo non seppero preservarsi neppure i suoi Maestri. Si esercitò anch'esso nel dipingere d'ornato e di prospettiva, e dicesi che in ciò avesse merito; infatti ve l'occuparono i suoi ConD: 13 cittadini affidandogli le dipinture del Teatro. Ma se attendere vorigliamo a quanto ci narra il Cantalamessa, dovremo lodarlo per una

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diligente copia, che fece, tratta dalla pregevolissima tela di Guido Reni, ch' esiste in Ascoli nella Chiesa di Santa Maria della Carità, nella quale è effigiata la Santissima Annunziata con l'Angelo Gabriele, e due Angioletti in aria (9).

Silvestro Mattei mediocre allievo del Maratta tenne il medesimo avviso del Miniera, e giunto in Ascoli furongli commessi due quadri per la Chiesa di Sant' Agostino, l'uno de' quali rappresenta la Madonna del soccorso, e nell'altro si veggono dipinte Nostra Signora col Divino Infante, Santa Monaca, la Beata Rita da Cassia, e la Beata Chiara da Monte Falco. Ticozzi chiama le opere di costui alquanto ragionevoli, ma noi attenendoci all'autore della storia degli artisti, e dei letterati d'Ascoli, non possiamo apprezzarne gran fatto ne il colorito, nè il disegno, ne la composizione, e solo gli accorderemo qualche merito nell'espressione delle figure, che però non sempre gli compete (10).

Allorchè giunsero da Roma questi, ed altri artefici Ascolani, trovarono ben' incamminati, ed istrutti Giuseppe Angelini, Carlo Palucci, e Luca Vitelli. Il primo mostrava del genio all'arte, ma trascurava ogni diligente esecuzione, e le cose sue al pari di molte del Nardini non comparivano che abbozzi. Sotto tal punto di

vişta ebbi poco a lodarlo nei dipinti, che lasciò nella volta della Chiesa di San Francesco di Paola, esprimenti le gesta del titolare, e meno in una tela coi Santi Giuseppe, Rocco, ed Orsola in San Tommaso. L'opera meno infelice, che Ascoli abbia di lui, è il quadro col San Pio V. nella Chiesa di San Pietro Martire; non farò parola di quanto valesse nel dipingere ornati, fiori, e paesi giacchè non ebbi mai occasione di vederne (11).

Anche Carlo Palucci, se non riuscì reputato pittore, tale dimostrandolo la tela eseguita pel Duomo d'Ascoli con l'apparizione della Vergine ai Santi Pietro ed Andrea, poichè è meschino nello stile, e debole nel colorito, cercò di tuttavia compensare questa sua mediocrità col non mai riufiutarsi d'indrizzare nelle arti tutti quelli, che l'addimandavano d'istruzione, e con l'essere d'ajuto a quei pittori, che de' suoi disegni, e de' suoi consigli facevano conto per ottenere miglior fortuna (12).

Luca Vitelli ebbe maggior abilità, al dire d'Orsini, nelle dipinture a tempera, che in quelle a olio, ed in tal genere acquistò nome in Roma, dipingendo soffitti in varj appartamenti; ma non vi restò lungamente, e tornato anch'esso in patria vi operò molto; considerandosi la sua principale fatica nella chiesa dell'Annunziata, ove dipinse la volta coll' ajuto dei giovani accademici, senza però che da queste dipinture si ritraesse utile, argomento su i progressi della scuola ascolana.

e lodevole

Una tela dipinta a olio dal Vitelli si ha nella Chiesa di Sant'Agostino, e vi si rappresenta il martirio dei Santi Crispino, e Crispiniano; superiore in merito riuscì il Vitelli in un'altro dipinto, che fece nel 1708 per la Fraternita del Corpus Domini della terra di Venarotta. È questo uno dei gonfaloni, i quali soglionsi por tare in processione. Da una parte evvi effigiata l'istituzione del Sacramento dell' Eucarestia, dall'altra Nostra Donna con varj Santi, e sono d' intorno diverse figure, e storie in piccoli comparti menti collegate alle pitture principali con ornati messi ad oro assai leggiadri e di buon stile. Se avesse sempre su queste tracce ope rato, non apparirebbe si mediocre a chi di lui giudica nella sua patria (13).

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