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le medesime strane conformazioni (17). La linea in totale non è circolare, non elitica, ma di quelle irregolari, che sogliono dirsi a ferro di cavallo.

Quattr' ordini di logge abbondano nelle imposte e pilastrini, che le dividono, di cartocci, di menzoloni, e di altre bizzarie; i parapetti hanno rilevati e cattivi balaustri, per cui la voce resta interrotta, e dispersa. Sentir dunque poco, star disagiato, trovar dell'imbarazzo nell'accesso per la ristrettezza de' corridoj delle scale, e degli atrj, cui manda una sola porta, fanno dubitare, se quelli debbano chiamarsi luoghi di pubblico diletto, e non piuttosto di pubblico incomodo.

S'avvidero di tali disordini gli architetti del nostro secolo, ed eccitati dal genio sempre più generale e crescente de' Teatrali spettacoli, riformarono questo genere di fabbriche, e le ridussero in guisa, da far scomparire quasi del tutto gli indicati inconvenienti. Così s'avvisò Giuseppe Piermarini di Fúligno nell' erezione del gran Teatro della Scala di Milano, così Giovanni Antonio Selva in quello della Fenice di Venezia; e così parimente ottenne uguali vantaggi la Marca col mezzo di Giovanni Locatelli, di cui avremo a parlare più innanzi, riformando quello di Fermo, (18) ed erigendo l'altro di Tolentino; in fine eleganti, e comodi Teatri si costrussero in Pesaro, Senigallia, ed Ancona coi disegni di Pietro Ghinelli, di cui per morte compiangiamo la recente perdita.

Frà la gran turba degli architetti che trovavansi in Roma nello spirato secolo si distinse l'altro Marchiano Andrea Vici, il quale ebbe i natali nel Castello di Palazzo presso ad Arcevia da Arcangelo Vici anch'esso di professione architetto. Inviato dal Padre a Perugia per apprendervi la pittura sotto la direzione dell' Appiani, mostrò tanta rapidità e prontezza d'ingegno, che in breve tempo fu dal precettore rimandato in patria, dichiarandolo non più bisognevole de' suoi insegnamenti. Per dar pascolo adunque al suo genio scelse per domicilio la Capitale maestra inesausta d'artistiche idee, e trovandovisi allora il Vanvitelli, giudicò bene di profittare d'un tanto istitutore, applicandosi nell'architettura. La stima, che

questi fece del Vici fu così grande, che lo volle a compagno in Napoli per giovarsi della sua assistenza nella costruzione del palazzo di Caserta.

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Dopo esservisi trattenuto alcun tempo, ritornò in Roma, e ben presto si conobbe di qual vastità di cognizioni fosse fornito; si epensò dunque d'eleggerlo Principe dell' Accademia di San Luca. Assuntone l'incarico, non già lo diresse a proprio compiacimento, ma a pubblica utilità; imperocchè antivedendo le multiformi questioni, che insorger possono nell' architettonica giurisprudenza, la quale stabilisce le sue basi su i diversi diritti dei proprietarj di fabbriche, e di terre, imaginò di proporre dotti, ed ingegnosi quesiti, a sciogliere i quali scelse la parte più eletta degli Accademici di San Luca, e dallo sviluppo dei detti quesiti formò un Codice utilissimo, sulle cui tracce si decidono tuttora le questioni spettanti a tali negozj.

Il Pontefice similmente fece gran conto del sapere del Vici, e lo elesse al disimpegno dei lavori più importanti dello Stato. Alle opere attinenti a sperimentato Ingegnere, e a dotto matematico, volle unire quelle spettanti a pratico, e giudizioso architetto, , e all'esercizio di queste ultime scelse particolarmente la provincia da cui derivava, e quivi mostrò più che altrove quanto valesse anche in questo genere d'artistiche discipline.

Distrutto dal terremuoto il Duomo di Cammerino, al Vici affidarono que' Cittadini l'incarico de' disegni per la costruzione del nuovo edifizio, ed il suo progetto corrispose alle mire, che si avevano dagli ordinatori. Sulle tracce da lui divisate si piantarono le fondamenta della nuova fabbrica, ma si arrestò il lavoro a cagione di politiche, e straordinarie vicende. Intrapreso poi nuovamente molt' anni dopo la morte del Vici, soffrì il suo disegno alquante variazioni, e quello che si fece per compiere un edifizio di vasta mole come questo, non può certo da tutti ugualmente

lodarsi.

Non avvenne altrettanto in Treja, dove avendo pure il Vici fornito i disegni per la Cattedrale, sulle tracce dal medesimo

indicate si compi la fabbrica. Lo stile, che vi tenne lo mostra buon seguace del Vanvitelli, e perciò i pregj, e i difetti proprj del maestro, sono patenti nel discepolo; caratteristiche, che non seppe smentire neppure in un'arco, che disegnò per questa medesima città, eretto a perpetuare la memoria del Pontefice Pio VI., la cui effigie vedesi nel mezzo fusa in bronzo (19).

Alquanto più semplice, e più purgato di stile è il suo disegno della facciata del Collegio Campana di Osimo. Ed è sua in fine l'idea del Monastero delle Salesiane d'Offagna, il cui pregio maggiore consiste in una giusta, e regolare interna distribuzione. Sostenne il Vici l'incarico di Architetto della Basilica di Loreto " e sono di sua invenzione gli altari delle cappelle minori ; dicesi altresì, che presentasse anche il disegno della sagrestia, ma non venne mai eseguito.

La vita di questo valente artefice, e matematico non fu si lunga quanto desideravasi da chi teneva in gran conto le sue virtù. Le conobbe più che ogn' altro il di lui maestro Vanvitelli, il quale nel suo testamento prescrisse, che voleva col Vici comune il sepolcro; e infatti dopo morto, furono le sue ossa riposte nel luogo ordinato, cioè in Roma nella Chiesa di Santa Maria in Vallicella (20).

Devonsi forse agli eccitamenti del Vici i' progressi, che oftenne nell' architettura Giustino Morichelli d'Arcevia il quale scelse Bologna a luogo de' suoi studj, e frequentando l'Accademia Clementina furono i di lui lavori premiati per tre anni consecutivi (21).

Anche Scipione di Lorenzo Daretti d'Ancona divenne buon' architetto, ed ottimo incisore di prospettiva, coltivando questo suo genio parimente nella Bolognese Accademia (22). Un saggio del di lui merito nell'architettura l'avremmo nella Chiesa dell'Annunziata di Fermo, sé nel fabbricarsi non fosse stato il suo disegno in alcune parti mutato.

Molto prometteva finalmente in questi studj Giuseppe Aniballi di Macerata, ma li abbandonò nel momento stesso, in cui poteva

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attendersene il maggiore profitto, per coltivare invece la musica;

e fattosi quindi buon contante si distinse in quest' esercizio nella corte di Sassonia, ove dopo breve tempo si guadagnò l'amore, e la stima di quell' Elettore: è poi da commendarsi, che in luogo di profittare a proprio vantaggio della parzialità di quel Sovrano, se ne servisse per promovere Raffaele Mengs, il quale riconobbe poi nell' Aniballi il principale suo protettore, ed il mezzo di poter mostrare al Mondo la sua virtù, (23), ́

se

Più lunga serie d'architetti si potrebbe da noi tessere il genio di preferire i forastieri nelle grandi occasioni, non avessel invaso anche i nostri, e troncata così la via a molti, che dedicati si sarebbero con utilità a questa professione (24).

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Non molto lungi dalla metà del secolo XVIII. aveva stabilito domicilio in Monte di Nove, piccola terra a breve distanza da Montalto, Carlo Magi di Poruzella Cantone di Lugano, e tanto in detta terra che ne' luoghi vicini esercitava con qualche nome la professione d'architetto. Aveva questi un figliuolo chiamato Piętro, che istrui nella medesima arte, ed affinchè vi si perfez zionasse, lo mandò in Roma, ove rimase sei anni, frequentando, i migliori Maestri, e copiando i monumenti più interessanti dell' antichità, Ricco di molte cognizioni si restituì alla sua patria elettiva, ove pote largamente porre in pratica le acquistate teorie, mentre furono tante le fabbriche per le quali forni, disegni, che pochi architetti ebbero ugual sorte, vivendo fuori delle Capitali,

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Fu sua l'idea della Collegiata, d' Offida, edificio vasto, ma non conforme a quella semplicità, che tanto s'inculca, e di cui gli antichi ne diedero i primi esempj.

Poco temperante negli ornati, e aderente a molti diffetti, che l'architettura conservava in quest'epoca, mostrossi anche il Magi tutte le fabbriche, che s'innalzarono, specialmente nelle due provincie di Ascoli, e di Fermo, nei quali luoghi soltanto esistono le di lui opere (25).

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E qui chiudiamo la storia della Picena architettura col dispia cere di lasciarla non ancora ben purgata dagli eccessi del secolo

antecedente, rimanendoci la sola speranza di vederla ritornare a quella perfezione da cui decadde.

Felice la Veneta provincia, che in Ottone Calderari Vicentino trovò chi non solo studiasse di proposito su i modelli lasciati dai più grandi maestri, e conoscer sapesse il meglio delle antiche e moderne fabbriche più accreditate, ma discendendo ancora alla pratica desse saggio della purità del suo gusto, e della sua intelligenza nell'arte in tante ville, case, e templi da lui ideati a maggior abbellimento della sua patria. Certamente se questo valent' Uomo avesse fatto meta de' suoi studj Roma, forse vi sarebbe gia sorta quell'epoca fortunata, che noi con impazienza aspettiamo, e desideriamo con ardore (26).

A perfetto compimento di questo Capitolo ci farebbe duopo dar qualche cenno ancora sulla militare architettura, onde non iscostarci dal metodo tenuto nei precedenti: ma siccome questo ramo và più o meno sviluppando a misura dei bisogni, che non sono sempre i medesimi in tutti i secoli, e in tutti i luoghi, niuno certamente ve n'era in quest' epoca nell' Italia nostra, che dopo tanto soffrire dormiva finalmente il sonno d'una pace profonda, e lungi da lei, e nascostamente lavoravansi quelle bombarde, il cui scoppio la riscossero più spaventata che mai, e più che mai la resero desolata, e tapina. Non era però così alla parte di Settentrione, especialmente nell' impero Germanico, dove ognun ricorda qual fuoco di micidialissima guerra si appiccò alla metà del passato secolo, e come questo durò ad imperversare anche dopo l'incominciamento dell'attuale, e direi quasi fino ai giorni, in che noi scriviamo queste memorie.

Trovavasi allora al servigio della Corte di Vienna in qualità di Capitano del genio Salvatore Emidio Mancini, nato in Ascoli nel 1754, e che per essere assai addottrinato nelle matematiche, e nella militare architettura, prestò importanti servigj agli eserciti, sia nel lavorare fortezze, sia nel fabbricare quartieri d'inverno nell'appianare ́strade, e costruire de' ponti; ebbe così gran fama in tutta la Germania, e meritò i primi gradi nelle

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